“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”. Uno spaccato del Midwest

Una madre cerca giustizia per la morte violenta della figlia. Il film dal titolo ” Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, premiato a Venezia per la miglior sceneggiatura e vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali, concorre a sette premi Oscar.

La piccola comunità rurale di Ebbing, Missouri, viene sconvolta dall’omicidio di Angela Hayes, violentata e poi bruciata viva. Poiché dopo molti mesi le indagini non registrano progressi, la madre Mildred compie una mossa coraggiosa commissionando tre manifesti recanti altrettanti messaggi di accusa al capo della polizia locale Bill Willoughby. Il gesto è apertamente disapprovato dalla maggior parte degli abitanti: Mildred subisce molestie, minacce, ma la sua risolutezza raccoglie l’imprevista e tacita solidarietà dello stesso Willoughby. Se la donna cova in sé una rabbia feroce, come una specie di John Wayne in cerca di giustizia, l’uomo mostra nei suoi confronti un atteggiamento comprensivo, consapevole dei limiti che impone la legge (il delitto si è svolto in aperta campagna, senza testimoni né prove che identifichino il colpevole) e anche dei propri. Soffre, infatti, di un cancro terminale che lo indurrà a suicidarsi dopo aver scritto tre lettere. Nella prima, indirizzata all’amata moglie, rivela di aver voluto risparmiarsi – e risparmiarle – svariati cicli di chemioterapia e inutili sofferenze. Nella seconda spiega a Mildred che non è lei la causa della sua morte e di aver segretamente pagato l’affitto per i manifesti. La terza lettera è rivolta all’agente Jason Dixon, un ragazzo razzista e omofobo appena licenziato per i suoi atti di violenza gratuita; in essa gli consiglia di superare i sentimenti di odio e di essere più riflessivo.

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È proprio Dixon, che raccoglie l’invito del suo superiore, a costituire la chiave di svolta della vicenda. Dapprima identifica un possibile indiziato, un giovane che si vanta dell’omicidio di una ragazza avvenuto con modalità analoghe alla vicenda di Angela. Dopo averlo quindi coinvolto in una rissa, Dixon riesce a prelevare dalla sua pelle un campione di Dna sufficiente per essere analizzato. Sfortunatamente il campione non corrisponde a quello riscontrato sul corpo della ragazza.Mildred e Dixon concludono che il giovane è, comunque, uno stupratore e decidono di partire alla volta dell’Idaho dove costui risiede, pronti a consumare una vendetta in qualche misura liberatoria. All’inizio del viaggio, tuttavia, entrambi confessano di serbare qualche perplessità sul compito che si sono proposti. Decideranno quindi che cosa fare durante il percorso.

“Tre manifesti a Ebbing, Missouri” mette in scena uno spaccato del Midwest, territorio di fattorie e piantagioni, baluardo della cultura Wasp, con una forte caratterizzazione razziale, etnica e religiosa. Ebbing è un microcosmo che riproduce l’attuale società statunitense, in cui la Destra repubblicana mantiene un notevole peso politico e, per estensione, il mondo in cui viviamo: un mondo cattivo senza vergogna né rimorsi, che esclude le minoranze e le perseguita, dove la violenza è spesso celata, il male accade senza che se ne abbia cognizione. In questa cupa realtà spiccano le figure di Mildred Hayes e Bill Willoughby, solo apparentemente antitetiche e in conflitto tra loro. Mildred è animata da una costellazione di sentimenti che vanno dal dolore profondo alla rabbia ed alla ferrea volontà di ottenere giustizia. Attraverso il controverso espediente dei manifesti, cerca di far fronte alla frustrazione per la mancata identificazione del colpevole e ai sensi di colpa per essere indirettamente responsabile dell’accaduto (quella sera si rifiutò di prestare ad Angela l’auto, costringendola a uscire a piedi e da sola). Nella sua mente si svolge una lotta terribile. Dietro il carattere ruvido e spigoloso nasconde una condizione di fragilità e di estrema vulnerabilità. I messaggi sui manifesti (“Stuprata mentre stava morendo”, “E ancora nessun arresto”, “Come mai, sceriffo Willoughby?”) sono un grido di aiuto che esprime il terrore di essere lasciata sola con la propria angoscia.

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Bill Willoughby svolge nei confronti di Mildred una funzione di contenimento. Ne riconosce le legittime aspettative, si fa carico del suo dolore e si assume la responsabilità di un caso rimasto irrisolto. Sperimenta sul proprio corpo malato la medesima sofferenza interna della donna, senza cedere tuttavia alla disperazione, mostrando una lucida e persino ironica accettazione del proprio destino. Le lettere che lascia (tre come i manifesti) rappresentano una sorta di passaggio di testimone, che impegneranno i destinatari a un cambiamento profondo. La moglie capirà le autentiche ragioni che lo hanno spinto a togliersi la vita, scagionando Mildred da qualunque implicazione. Mildred e Dixon arriveranno forse a comprendere che, se il perdono non è possibile, occorre trovare un altro modo per sopravvivere al dolore ed a convivere con l’impossibilità di ottenere giustizia. Astenersi da un’ulteriore ed inutile violenza è il primo passo per interrompere una catena perversa di iniquità e cominciare un percorso di riconciliazione con se stessi e la propria storia. La sequenza finale, un lungo primo piano sui volti pensosi e taciturni dei due, è in questo senso rivelatrice. Viviamo in un mondo duro, crudele, impietoso che si può affrontare solamente sviluppando una nuova e diversa consapevolezza.

 Paolo Maria Iraldi

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Tre manifesti a Ebbing, Missouri (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri), di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell (USA/Gran Bretagna, 2017, 115’).

In programmazione nei Cinema Ambrosio e Greenwich Village di Torino.

 

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