DE MICHELIS il Doge dai lunghi capelli che fu statista di qualità

Di Pier Franco Quaglieni
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Non sono mai stato  socialista, anche se ho apprezzato Craxi, stando sempre lontano dal servo encomio e quindi anche  dal codardo oltraggio ,quando cadde in disgrazia. Ma alcune volte ho votato socialista con convinzione: spesso votavo alla Camera socialista e liberale Senato, o viceversa, asseconda dei candidati proposti. La mia amicizia per un uomo come Aldo Viglione non poteva non portarmi ad essere almeno un simpatizzante socialista, malgrado le mie convinzioni liberali o forse proprio perché liberale : era infatti  esistito il Socialismo liberale di Rosselli e il Liberalsocialismo di Calogero.  De Michelis, pur provenendo dalla corrente lombardiana del PSI, fu un convinto sostenitore del  dialogo tra liberali e socialisti – il cosiddetto lib- lab – dove sul versante liberale c’erano Zanone ed Altissimo, anche lui come De Michelis attratto dalle discoteche romane . Ho conosciuto Gianni De Michelis sia perché fui amico di suo fratello Cesare, docente ed editore, sia perché una volta lo incontrai insieme a Mario Soldati. Carattere esuberante, fu uomo di grande e scintillante intelligenza. Come ministro degli Esteri ebbe intuizioni molto significative  e dimostrò lungimiranza. Nessun ministro italiano  degli Esteri degli ultimi quarant’anni può essergli paragonato. Alla Farnesina ci furono ministri sterilmente allineati alla burocrazia del ministero o lanciati in avventure politicamente poco lucide e  soprattutto poco utili agli interessi dell’Italia. De Michelis sui temi dell’Europa, dei Balcani, dell’Est, di Israele  ebbe capacità di iniziativa. Fu, in una parola, uno statista capace di guardare lontano, un homo europeus come pochi altri. Spiace che alcuni giornalisti, tra cui Antonio  Stella, giacobino  fomentatore dei  vari populismi antipolitica, non abbiano voluto cogliere la statura di De Michelis e si siano  attardati a ricamare sulle sue vicende giudiziarie  che pure sono esistite e che pure si conclusero, senza quasi lambire l’imputato che venne subito  condannato in modo clamoroso  sui roghi mediatici e televisivi  in modo inqualificabile. Spiace che Vauro abbia disegnato un’immonda vignetta in cui evoca i nani e le ballerine.
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Fu certo una sorta di nuovo doge di Venezia ed amò vivere con un certo sfarzo. Amava andare in discoteca e tenere i capelli in disordine, amava e desiderava le belle donne e la convivialità, ma chi lo ricorda solo per questo è uno sciocco superficiale o e’ in malafede. Io so che ancora adesso stava pagando  i debiti contratti durante la sua carriera politica, un po’ com’era accaduto al deputato socialista novarese  ed eroe della Resistenza Corrado Bonfantini che per ,tenere in piedi il giornale “Sempre avanti!”, si era indebitato a vita. Si può dire che sia morto povero, dopo cinque anni di terribile e devastante  malattia. Aveva anche aspetti indisponenti: lo ricordo una sera a cena con tutto il codazzo dei suoi sostenitori  ai “Do Forni “ di Venezia . Fu una scena che diede l’idea di una certa arroganza che era propria di molti socialisti rampanti, ma  sicuramente non solo dei socialisti, perché l’arroganza dei comunisti non era da meno e non si manifestava nelle cene, ma nella feroce egemonia culturale e politica esercitata in modo intollerabile per tanti decenni. Al di là delle apparenze, era un uomo di qualità, uno di quei politici di cui si è perso il conio. E un politico va giudicato in base a criteri politici e non etici od estetici. All’indomani della sua morte, va giudicato con criteri storici, come si addice a chi è passato dalla cronaca banale e sciatta  alla storia di questo Paese.
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Dissentii aspramente da lui su Expo2000 a Venezia e sostenni che avrebbe distrutto quella città . Ne parlai anche con lui personalmente e non mi convinse . Voleva una Venezia viva e non città museo. Fu lui ad avere l’idea di rilanciare il Carnevale veneziano, diventato da allora un appuntamento imperdibile .Vedendo come e’ oggi la città della laguna, preda di orde di turisti e attraversata da grandi navi, forse le idee di De Michelis non erano tutte da gettare perché erano ragionamenti in grande, quelli di cui oggi  non c’è più traccia. Se pensiamo all’ inesistenza dell’attuale ministro degli Esteri e alla totale mancanza di una politica estera italiana ,non possiamo non rimpiangere uomini e ministri come lui, corazzati di cultura e capacità di agire. Sbagliava grossolanamente Enzo Biagi, quando lo definì sprezzantemente “ un avanzo di balera “. Era uno di quegli uomini che ti restano impressi nel ricordo, al di là’ degli anni. De Michelis aveva previsto Tangentopoli e fu lucidamente consapevole degli errori commessi dai socialisti, ma non rinnegò mai le sue convinzioni politiche, dimostrando una coerenza che lo pone tra i grandi socialisti del secolo breve a livello europeo ed internazionale, oltre che ovviamente italiano . Il suo nome non sarà facilmente dimenticato.
 

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