E' la volta di un Presidente torinese sul Colle? La corsa di Fassino il "corazziere"

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fassino66IL GHINOTTO DELLA DOMENICA

E’ la prima volta da molto tempo che un piemontese se la gioca davvero e la sua elezione consentirebbe alla nostra regione di portarsi in testa nella speciale classifica dei Presidenti repubblicani che oggi vede appunto già tre piemontesi (Einaudi, Saragat e Scalfaro) in parità con tre campani (De Nicola, Leone, Napolitano), davanti a sardi (Segni e Cossiga) e toscani (Gronchi e Ciampi)

 

Ci saranno anche tre “grandi elettori” regionali del Piemonte, che affiancheranno deputati e senatori nell’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. Oltre ai due presidenti, Chiamparino e Laus, eletti con 31 voti a testa, dall’urna è uscito, senza sorprese, il nome del leader dell’opposizione di centrodestra, Gilberto Pichetto, che ha ottenuto 16 voti, sei in più di quelli del suo schieramento. E’ stata la maggioranza piddina a dare una cortese spinta al forzaitalico Pichetto, temendo che il suo contendente, il pentastellato Davide Bono, vincesse la sfida. Ma quest’ultimo si è fermato a quota 10, due in più del suo gruppo, ottenendo probabilmente il “soccorso rosso” della coppia vendoliana.

 

I tre saranno a Roma per le votazioni, che iniziano giovedì 29, con un mandato ben preciso: votate chi volete ma non Chiamparino, la cui eventuale, ma improbabile elezione al Colle più alto farebbe interrompere anzitempo anche la decima legislatura regionale, costringendo tutti i 50 consiglieri di Palazzo Lascaris a rituffarsi in campagna elettorale.  In queste ore si sprecano le dichiarazioni a favore di candidati super-partes, autorevoli, arbitri… tutto fumo negli occhi, perchè in realtà ognuno sceglierà secondo le indicazioni del proprio schieramento, almeno su questo né Renzi né Berlusconi non avranno sorprese.

 

Certo, se nelle prime votazioni sarà data libertà di espressione (ma anche questo è in dubbio) qualcuno avrà forse la tentazione di votare per Piero Fassino, che in effetti è ancora nella short-list dei candidati possibili, anche se le sue quotazioni appaiono in calo. Ma il sindaco di Torino può indubbiamente contare dalla sua il fatto di essere un renziano di ferro, tra i pochi di provenienza diessina a essersi schierati per Matteo fin dall’inizio, e poi di essere anche un nome in qualche modo “appetibile” per la minoranza piddina, essendo stato l’ultimo segretario della “ditta”; accettò appunto di annegare i Ds nel contenitore del Pd, perdendo anche il posto di vertice che aveva ricoperto. Esempio raro di abnegazione, per la quale non ha avuto alcun riconoscimento, ma si sa che la gratitudine non è la virtù più praticata in politica.

 

Pur con tutti i limiti oggettivi e soggettivi della sua candidatura, che non ha certo lo standing di altre più quotate, la pattuglia piemontese (una sessantina, al netto dei “paracadutati” nelle diverse liste) farebbe bene a far blocco per il Lungo, per alcuni buoni motivi. In primo luogo, è la prima volta da molto tempo che un piemontese se la gioca davvero e la sua elezione consentirebbe alla nostra regione di portarsi in testa nella speciale classifica dei Presidenti repubblicani che oggi vede appunto già tre piemontesi (Einaudi, Saragat e Scalfaro) in parità con tre campani (De Nicola, Leone, Napolitano), davanti a sardi (Segni e Cossiga) e toscani (Gronchi e Ciampi). Un primato non così da poco, per chi ha fatto l’Italia unita e vedrebbe rafforzata la propria caratura istituzionale, in un momento in cui non abbiamo neppure un ministro.

 

A dire il vero anche Giuliano Amato, nato a Torino ma subito emigrato in Toscana, risponderebbe in parte a questo scopo. Però Fassino ha un merito in più: è l’unico candidato che messo vicino a un corazziere non farebbe brutta figura. Eppoi tutti i torinesi, di ogni colore e convinzione, dovrebbero essere contenti di “levarsi dai piedi” un sindaco di malavoglia che, in caso contrario, sarebbero costretti a sorbirsi per altri uno più cinque anni.

 

Ghinotto

 

 

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