Uno sguardo sui playoff

Si stanno disputando i playoff di basket e l’attenzione di tutti è sulle partite giocate e quelle che si giocheranno. Ma cosa si evidenzia in questi playoff?

Esiste una situazione inquietante di diseducazione sportiva a livelli secondo me incredibile. Il basket è uno sport di contatto, fisico, che però, nelle sue regole originarie e mai mutate nel profondo, prevede che il contatto del difensore sull’attaccante risulti falloso, soprattutto con la palla in mano. In realtà, dopo ogni fischio arbitrale, ritroviamo nello sguardo di alcuni giocatori non solo lo stupore del fischio subito a sfavore, ma lo sdegno, il disgusto e il disprezzo per ogni decisione del designato giudice di turno nel mondo della partita.

Se torno con la mente ad alcuni episodi vissuti quest’anno con la nostra FIAT TORINO AUXILIUM, mi chiedo come mai alcuni dei nostri giocatori abbiano subito sanzioni a dir poco discutibili (vedi l’espulsione di Vujacich a Cremona per “non aver commesso il fatto” come ammesso anche dalla dirigenza arbitrale, o come tutti i tecnici per floating a Washington o gli antisportivi sul tentativo di tiro che abbiamo visto nell’anno) mentre assistiamo a tentativi di “aggressione” fisica che sono sistematici in una squadra del Nord Italia che non solo non sono sanzionati ma addirittura elogiati come “prove di carattere”. Se alcuni dei nostri provavano a protestare saliva alto lo sguardo feroce e sanzionatorio degli arbitri, metre alcuni “fratelli d’Italia” in campo in questi periodi possono tranquillamente continuare a dialogare urlando senza minimamente incrociare gli strali fulminanti del fallo tecnico.Mi fermo qua per non sembrare il classico “tifoso” accecato dalla passione che vede tutto nero quello contro di sé e sbagliato tutto quello degli altri. Però, una cosa trovo innegabile: questo finale di campionato rivela aggressività esagerata e tutela dello spettacolo molto bassa.


Forse i difensivisti saranno felici, ma ieri sera, 22 punti in due quarti non sono punteggio di semifinale di basket, ma di minibasket di basso livello… e la sera prima 31 in due tempi fanno il pari con questa. Le squadre tirano, ma creare spettacolo nasce anche dal non picchiare fisicamente gli avversari, e “mirare” alle gambe anche con il corpo non è difesa, è pericoloso,e diseducativo. Si va verso un basket fisico e logorante, con situazioni ingestibili con alti costi di gestione medica per le società e fisioterapici. Ma non credo sia bello: lo sport dove si colpisce l’avversario a terra è il Wrestling, e non è uno sport.A Torino abbiamo vissuto situazioni belle e talvolta imbarazzanti, entusiasmanti e anche deludenti, spettacolari e ordinarie: non abbiamo mai assistito a gesti “violenti” di alcuno dei nostri giocatori con nessuno anche quando forse una reazione sarebbe stata comprensibile.Se esiste un’anima di Torino del basket è quella della vocazione allo spettacolo e alla “nonviolenza sportiva” e non è poco in un momento in cui si esalta l’aggressività sfrenata come segnale di programmazione e realtà in salute.Si sta per preparare la nuova stagione e al momento tutto si sta muovendo sotto le braci e ci auguriamo che il fuoco che ne scaturirà possa dare quelle emozioni che sogniamo, ma il mio personale pensiero è sempre quello che è bello vincere ma non a tutti costi: senza spettacolo non è basket. Vincere sarà anche l’unica cosa che conta, ed è vero, ma si può vincere o vincere ed emozionarsi. E l’emozione è l’unica cosa che resta (facciamo una prova? Recupero di Washington e assist per Vujacich…)… .

Paolo Michieletto

 

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