Un selfie al museo

di Paolo Pietro Biancone*

Secondo le ultime rilevazioni Istat disponibili, circa il 70% della popolazione italiana in anno non ha mai visitato un museo, spostando l’osservazione a livello regionale, risulta una percentuale di “assenteisti” museali pari al 62 per cento.

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Questo dato, non certo soddisfacente, può avere molte spiegazioni, ma, al di là delle spiegazioni, deve essere contrastato. Il nostro Paese è universalmente conosciuto per la grande ricchezza culturale che lo caratterizza: 3.609 musei; quasi 5.000 siti culturali tra monumenti, musei e aree archeologiche; 46.025 beni architettonici vincolati; 34.000 luoghi di spettacolo; 49 siti Unesco, centinaia di festival ed iniziative culturali, tradizioni che animano i territori. Questa eredità rappresenta una risorsa da tutelare e valorizzare e che ci rende unici nel panorama internazionale. Possediamo il triplo dei musei della Francia (1.218) e più del doppio di quelli della Spagna (1.530); le biblioteche francesi (3.410) sono appena un quarto di quella italiane, mentre la Spagna ne ha circa la metà (6.608). Nonostante questo e a fronte di un aumento del turismo   nel nostro Paese nel 2012, musei e siti culturali statali non attraggono come dovrebbero. Complice anche i pochi investimenti in cultura: secondo i dati di Federcultura nel confronto sulla spesa statale per la cultura siamo fanalino di coda in Europa. Il budget del nostro ministero è praticamente pari a quello della Danimarca (1.400 milioni di euro) ed è circa un terzo di quello della Francia che ogni anno stanzia quasi 4 miliardi per il suo dicastero della cultura. Non stupisce, quindi, che la nostra spesa in cultura per abitante sia di soli 25,4 euro l’anno, ma colpisce che sia la metà di quella della Grecia che impegna 50 euro per ogni cittadino.

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Ma di necessità, virtù. I musei, che di contenuti e sostanza sono ricchi, devono stimolare l’esigenza culturale dei turisti. attraverso la loro messa in rete e lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi e integrati che interpretino tali attrattori in termini di sistema coerente e interconnesso con il territorio di riferimento e tra di loro. Tali attrattori richiamano infatti ogni anno un numero consistente di visitatori e turisti da tutta Italia e dall’estero e possono costituire il volano per la valorizzazione economica di interi territori, attraverso lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi e integrati, che siano in grado di incrementare il numero degli afflussi turistici e le ricadute economiche per tutta la filiera della ricettività. Dirigere o amministrare un piccolo museo non vuol dire soltanto “operare nell’ambito della cultura”, ma è anche e soprattutto essere nel business della cultura. Puntare alla capacità di innovazione e al marketing culturale e specificamente museale è una soluzione che produce ritorni positivi da parte dei fruitori.E poi il museo deve divertire, emozionare con esperienze nuove; ben vengano quindi iniziative parallele, integrative, che facciano in modo che ci diverta al museo. Occorre pensare a nuove esperienze per arricchire contenuti.

PALAZZO MADAMA

Il museo va vissuto. Plauso, dunque, a iniziative tipo Pokemon a Palazzo Madama e al Mao, musei di Torino. Qui, tra la cattura di un Pokemon e un pokéstop, i visitatori sono invitati ad andare alla ricerca di alcune opere esposte, per poi condividerle su Instagram utilizzando l’hashtag #pokemongo e taggando @palazzomadama e @mao_torino. Chi riuscirà a fotografe e a condividere le opere indicate sulle istruzioni consegnate in biglietteria, riceveranno un biglietto gratuito.Così come il Selfie al Museo: la tendenza di fotografarsi nelle sale dei musei, davanti alla propria opera preferita, è ben accolta nei musei torinesi (GAM e Palazzo Madama) che la promuovono con una campagna. Non si tratta di banalizzazione delle opere d’arte, ma si tratta di stimolo alla cultura, all’interesse, lasciando a ognuno la libera scelta di approfondire a vari livelli, appassionandosi a varie intensità a ciò che è il nostro patrimonio e la base del nostro futuro. Un popolo senza la conoscenza della propria storia, origine e cultura, è come un albero senza radici (Marcus Garvey).

(Foto: il Torinese)

Professore Ordinario di Economia Aziendale dell’Università di Torino

Coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management

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