Un presidente col pugno chiuso non è super partes

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

In televisione è apparso in modo molto visibile che il presidente del Senato Pietro Grasso, assumendo la carica di capo di “Liberi ed eguali”, ha salutato i suoi sostenitori con il pugno chiuso. Nulla da ridire per il pugno chiuso in una riunione di partito, invece molto da ridire sul fatto che Grasso si esibisca in un atto simbolico di parte, rimanendo presidente del Senato, la seconda carica dello Stato che può esercitare il ruolo di presidente della Repubblica supplente . Quella carica finora era rimasta non contaminata da quanto accadde con la Camera con Fini , Casini e con la Presidenta attuale. Ci fu un precedente nel 1967 quando il presidente del Senato  Cesare Merzagora per un’intervista nella quale criticava la degenerazione partitocratica senza toni polemici ,fu costretto a  dimettersi. Nel 1947 il presidente dell’Assemblea Costituente Giuseppe Saragat quando fece la scissione socialista  di Palazzo Barberini ,creando il futuro  partito socialdemocratico, inizialmente  chiamato partito socialista dei lavoratori italiani, si dimise dall’incarico. Giovanni Spadolini che fu segretario del partito repubblicano ,si dimise dal partito, quando venne eletto Presidente del Senato. Chi presiede certi organismi deve essere e deve apparire super partes. Una lezione che il sen.  Grasso avrebbe dovuto apprendere nel corso della sua  lunga carriera di magistrato. Ma ,evidentemente ,forse, né allora né dopo, Grasso ha prestato molta attenzione ai ruoli istituzionali ricoperti.

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Appare scandaloso che i maggiori giornali italiani non abbiano riportato la fotografia con il pugno chiuso e non abbiano neppure raccontato questo episodio emblematico che parla più di ogni discorso. “Liberi ed eguali” nasce senza fantasia ,guardando al passato. Per un partito che vorrebbe essere la sinistra dura e pura, richiamarsi alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 appare un gesto moderato. Va tuttavia ricordato  che la Dichiarazione delle nazioni Unite  precisava che “ tutti gli essere umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.” Un’eguaglianza nei punti di partenza che ha poco o nulla da spartire con l’egualitarismo giacobino e bolscevico che certa sinistra nostrana vuole sbandierare. Il pugno chiuso di Grasso evoca in modo macabro anche  il comunismo reale, i gulag, il Muro di Berlino, non solo i tanti militanti comunisti italiani in buona fede che meritano assoluto rispetto. Ernesto Rossi che aveva patito il carcere e il confino per i suoi ideali, sosteneva che certe “ineguaglianze“ sono “salutari” e sono quelle tra i pigri e laboriosi ,gli inetti e gli incapaci. La scuola facile per tutti, che regala i titoli di studio, e i sindacati che proteggono anche i fannulloni sono realtà di cui la sinistra radicale è responsabile storicamente. Il discorso dei “Liberi ed  eguali “ senza se e senza ma, si potrebbe dire, appare  ancorato ad un concetto di sinistra, forcaiola e giustizialista che ha provocato grandi guasti in Italia a partire dall’”Autunno caldo” del 1969 in cui si teorizzava il salario come variabile indipendente dalla produttività.  Forse il presidente del Senato dovrebbe meditare prima di ripetere per tre volte, come un vero agitatore di piazza, ”Liberi ed eguali”, domandandosi cosa queste parole significhino effettivamente nella cultura e nella storia.

 

quaglieni@gmail.com

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