Tributi sulla casa, occhio all'effetto-annuncio delle riforme a raffica

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LA GANGALA VERSIONE DI GIUSI / di Giusi La Ganga

Varare la riforma dei valori catastali, senza che abbia alcuna immediata conseguenza fiscale. Dare un tempo congruo (due/tre anni) al sistema amministrativo e tributario di metabolizzare le novità, magari coinvolgendo i comuni nella verifica dell’impatto concreto dei cambiamenti

 

Sembra che il governo abbia bloccato in extremis il decreto attuativo della delega fiscale in materia di catasto. Saggiamente, direi. Ma dando ulteriore conferma che il metodo delle riforme a raffica non sempre funziona e talora produce un effetto-annuncio addirittura negativo. Vediamo di che si tratta. Da circa trent’anni si parla di una semplificazione dei tributi sulla casa e sugli immobili, che sono molteplici, onerosi e distribuiti in modo iniquo. La base di tutto sarebbe un nuovo catasto, totalmente informatizzato, capace di registrare le enormi mutazioni che in oltre mezzo secolo hanno investito il territorio. Non certo per far coincidere i valori catastali con quelli commerciali, come qualche sprovveduto riformatore continua a dire, quanto per correggere le iniquità relative fra immobili simili con valori catastali assai diversi. Questo genera le ingiustizie più gravi, normalmente accentuate dal fatto che in questi vent’anni ogni aumento di tassazione è avvenuto con incrementi percentuali lineari. Capita così che chi pagava molto, paga molto di più; e chi pagava poco, usufruendo di valori catastali sbagliati, continua a pagar poco.

 

Già IMU e Tasi, e a maggior ragione la futura “Local Tax”, avrebbero bisogno di essere applicate a valori catastali riformati. Ma qui casca l’asino, ahimè anche quello con le migliori intenzioni. Per riformare i valori catastali occorre un lavoro lungo, che non si è mai fatto per il clima di emergenza finanziaria permanente. Lungo e delicato, perché è connesso con le aliquote applicate: se i valori catastali aumentano le aliquote dovrebbero diminuire, per garantire l’invarianza della pressione fiscale. E a farlo dovrebbero essere i Comuni, tutti finanziariamente in crisi.

 

Se potessi dare un consiglio a Renzi, gli suggerirei di varare la riforma dei valori catastali, senza che abbia alcuna immediata conseguenza fiscale. Dare un tempo congruo (due/tre anni) al sistema amministrativo e tributario di metabolizzare le novità, magari coinvolgendo i comuni nella verifica dell’impatto concreto dei cambiamenti. E fra tre anni , con una base imponibile accertata e più equa, procedere al riordino di tutta la tassazione sugli immobili. E’ possibile immaginare una decisione politica che abbia un orizzonte temporale lungo il tempo necessario perché risulti efficace e non maldestra? L’alternativa sarebbe l’ennesimo provvedimento mal pensato e peggio realizzato, generatore di grandi conflitti fra Stato centrale e Comuni, e probabilmente alla fine causa di un’ulteriore aumento della pressione fiscale.

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