Tina Modotti, l’inquietudine di una donna straordinaria

Per molto tempo è stata relegata nell’oblio,volutamente confinata in un cono d’ombra perché scomoda, ribelle, anticonformista. Eppure i suoi scatti, a parere di molti, hanno anticipato i moderni reportage fotografici, creando una “memoria visivache ha documentato in maniera straordinaria  culture e  realtà sociali. Nella sua vita amò molto uomini, idee, arte, diritti umani, rivoluzione. Una donna straordinaria, Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina. Nata il 17 agosto 1896 nel popolare Borgo Pracchiuso a Udine, da un’umile famiglia friulana, aderente al socialismo della fine Ottocento, ad  appena due anni si trovò costretta ad emigrare in Austria con la sua famiglia.

I Modotti tornarono a Udine nel 1905 e Tina frequentò lì le prime classi della scuola elementare. A dodici anni s’impiegò come operaia nella fabbrica tessile Kaiser, alla periferia della città. Il padre era nuovamente emigrato, questa volta  in America, in cerca di lavoro e la ragazza  dovette contribuire al mantenimento della numerosa famiglia. Tempo un anno e anch’essa – nel giugno del 1913 – varcò l’oceano per raggiungere il genitore in California, dove – come ha scritto nella sua biografia Pino Cacucci  – “stavano crescendo i grandi movimenti sindacali”  e “la vita culturale e artistica era in gran fermento”.  Così  a Tina Modotti si dischiusero in un primo tempo le vie del teatro e del cinema, e poi della fotografia. Fu musa di artisti importanti, recitò nel cinema muto di Rodolfo Valentino, amò perdutamente il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella che finì ucciso nel 1929. Leggendo la vita di Tina Modotti si fanno incontri straordinari: i fotografi Jane Reece, Johan Hagemayer, Robert Capa, Edward Weston, che la ritrasse in un nudo bellissimo ; i grandi pittori messicani Diego Rivera e Clemente Orozco; attivisti politici come il triestino Vittorio Vidali, conosciuto durante una manifestazione di protesta dopo la condanna a morte di Sacco e Vanzetti ;scrittori come John Dos Passos, André Malraux, Ernest Hemingway. Da donna appassionata qual’era si dedicò alla causa rivoluzionaria in Messico e combatté con le Brigate internazionali in Spagna. Le sue foto “narrano” gli ultimi.Sono immagini di campesinos, pescatori, donne che lavano i panni e che allattano, bambini. Molte fotografie sono dedicate al Messico, sua terra d’elezione, dove morì a 46 anni e dov’è sepolta. Pablo Neruda scrisse le parole dell’elogio funebre che ancora oggi si possono leggere sulla sua tomba: “Sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella…Perché non muore il fuoco“. Dopo l’improvvisa scomparsa le venne tributato il giusto riconoscimento per la sua personalità umana, artistica e politica, tant’è che per alcuni anni la sua memoria restò ben viva nell’opinione pubblica latinoamericana. Poi cadde l’oblio, lungo quasi trent’anni. Le sue opere, che si trovano in gran parte negli Stati Uniti, vennero tenute nascoste negli archivi dei dipartimenti di fotografia a causa del maccartismo e della sua assurda “caccia alle streghe”. Una scelta oscurantista, come ricordano al Centro Cultural Tina Modotti di Caracas , “che rese impossibile, per molti anni e non solo in America, lo studio e la presentazione di un’artista che aveva creato immagini di qualità e militato nel movimento comunista internazionale”. L’inquietudine l’accompagnò per tutta la vita, quasi sempre in credito con la fortuna. Artista, intellettuale, tra i primi fotografi a capire il valore sociale e la forza di denuncia di un’immagine, perseguitata da viva e persino da morta per le sue idee, fu comunque una delle più belle figure di donna che l’Italia seppe dare al mondo.

Marco Travaglini

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