TAV, la storia infinita di una grande opera

Di Ibis
Non si sa che cosa partorirà la trattativa a oltranza fra la Lega e i 5 stelle sul Tav Torino-Lione. Una trattativa che, comunque vada a finire, ha qualcosa di surreale. Da un lato i 5 stelle contestano quello che in tutto il mondo si va facendo: cioè potenziare le linee ferroviarie veloci per spostare dalla strada alla ferrovia molto del traffico merci e passeggeri, correndo dietro a quelli che sembrano isterismi e superstizioni. Dall’altro la Lega potrebbe piegarsi a qualunque compromesso pur di stare al governo, anche in pratica snaturando l’opera che allora sì diventerebbe uno spreco.
Su tutto aleggia una analisi costi benefici ormai totalmente screditata ( basti leggere gli approfondimenti pubblicati da quotidiani come La Stampa e il Corriere della sera) che non computa fra i benefici nemmeno gli evidenti vantaggi per l’ambiente, con il consenso degli ecologisti più radicali, altro aspetto surreale della vicenda.
E Torino e il Piemonte aspettano con il fiato sospeso, perché rischiano di perdere o veder snaturata una infrastruttura vitale e sfumare migliaia i posti di lavoro nei prossimi 10 anni. Come si sa, la città sprizza salute e se lo può permettere…
Chiarite le responsabilità degli attori attualmente al governo, non si deve dimenticare che  la prima intesa tra Italia e Francia risale al 1992, il primo studio di progetto è del 1996. Della Torino-Lione si parla, dunque, da quasi trent’anni. Se è una sciocchezza dire che allora è un’opera vecchia ( come può diventare vecchio un collegamento veloce che colleghi l’Europa da Ovest a Est?) però qualcuno ha la responsabilità di non averla fatta in un periodo così lungo, tanto che il Tav Torino-Lione doveva già essere in funzione. Pensiamo che il traforo del Frejus fu concluso in soli 9 anni dall’inizio dei lavori e con i mezzi di allora.
Le responsabilità sono di tanti, in primo luogo dei governi che si sono succeduti, che non erano contrari ma se ne occupavano con distratta lontananza. Il Piemonte , d’altronde , proprio in questi anni perdeva peso politico in maniera drammatica. Così si succedevano tavoli di concertazione, di studio, di ascolto, di mediazione con una minoranza esigua di popolazione contraria; così la prima società che se ne occupò “Alpetunnel” non combinò praticamente nulla ( se non dare stipendi a dirigenti delle ferrovie) e mentre la sede francese era a Chambery, quella italiana era a Roma , con una scelta che già la diceva lunga sull’attenzione a un territorio, quello della Vale di Susa , che avrebbe dovuto subito percepire i vantaggi dell’opera in materia di lavoro e investimenti, compensazioni ecc. cc. Invece nulla.
Poi arrivò il buon Virano, che a un certo punto è sembrato proprio ” menare il can per l’aia” e lo fece così bene e così a lungo che l’opera per parte italiana andò avanti a passo di lumaca. Passarono i governi regionali di Ghigo, Bresso , Cota e quelli nazionali di Centro-destra e Centro-sinistra. Ancora tavoli e ancora revisioni, così , come troppo spesso in Italia, il tav Torino-Lione è diventata una eterna incompiuta. In questo modo si è dato fiato a una minoranza rumorosa e talvolta violenta che ad oggi non avrebbe nulla da eccepire usufruendo lei stessa dei vantaggi di questa infrastruttura. La discussione ricorda quella che alla fine degli anni 70 fu fatta a Torino sulla metropolitana: con la giunta di sinistra guidata da Diego Novelli che non la volle fare agitando lo spettro della “banda del buco” e analisi costi benefici ( guarda guarda…) che bloccarono un’opera che oggi più nessuno contesta, ma che fu fatta con 20anni di ritardo. La storia non insegna nulla?
 
 

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