Studenti piemontesi a Trieste, crocevia di frontiere contese

Cinquanta studentesse e studenti piemontesi, accompagnati da dieci docenti e da uno degli esperti degli Istituti storici della Resistenza piemontesi, parteciperanno dal 10 al 12 maggio al viaggio studio a Trieste che prevede la visita dei luoghi della memoria del confine orientale

Si tratta del primo dei tre appuntamenti riservati agli studenti vincitori della 38° Edizione del progetto di Storia Contemporanea, promosso dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico regionale.
Le principali mete saranno la Risiera di San Sabba a Trieste, la foiba di Basovizza e, nel Goriziano, il memoriale di Redipuglia, dedicato ai caduti della Prima guerra mondiale.
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Trieste, luogo dei luoghi
Trieste, ricca di storia sul crinale carsico e crocevia di frontiere contese, è la città più settentrionale del Mediterraneo e più meridionale della Mitteleuropa, una città “luogo dei luoghi”, con un passato importante, complesso e sofferto, che si porta addosso i segni di ferite mai rimarginate e di irrisolti conflitti. Una città dove si sente l’odore salmastro del mare e il fischiare della bora, con le onde che s’infrangono sul molo Audace dove, nel 1914, (quando si chiamava ancora molo San Carlo) attraccò la corazzata “Viribus Unitis”, nave ammiraglia della marina Imperiale con a bordo le salme dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, uccisi nell’attentato di Sarajevo. Sullo stesso molo, quattro anni più tardi, giunse il cacciatorpediniere “Audace” della marina italiana. Era il 3 novembre del 1918, finiva la prima guerra mondiale e la nave che diede il nuovo nome a quella lingua di terra in mezzo al mare, vi sbarcò un battaglione di bersaglieri.
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Trieste letteraria, da Saba a Joyce
Trieste ha una “identità di frontiera”, è un crocevia cosmopolita che rispecchia le tensioni europee, che fonde – spesso drammaticamente – culture ed etnie diverse, una città letteraria dove, non a caso, molti scrittori hanno trovato ispirazione. Tra i tanti si possono citare Italo Svevo, Umberto Saba, Rainer Maria Rilke, Scipio Slataper, Boris Pahor Claudio Magris, Stuparich, James Joyce. Joyce visse a lungo in città, vi completò la raccolta di racconti “Gente di Dublino”, scrisse diverse poesie, oltre al dramma “Esuli” e ai primi tre capitoli de “l’Ulisse”, il libro che gli diede fama internazionale. In uno dei luoghi più belli della città, il Ponterosso che attraversa il Canal Grande, nel quartiere teresiano, un monumento in bronzo raffigura lo scrittore irlandese mentre cammina, assorto nei suoi pensieri, con un libro sottobraccio e il cappello in testa. La targa, riprendendo la “Lettera a Nora” del 1909, recita: “la mia anima è a Trieste”.
Trieste e la “rivoluzione” di Franco Basaglia
Trieste è la città dove lo psichiatra Franco Basaglia iniziò – dall’ospedale psichiatrico San Giovanni – la rivoluzione che portò all’abolizione dei manicomi con la legge 13 maggio 1978 n. 180. “La libertà è terapeutica”, venne scritto sui muri bianchi di quella “città dei matti” che rinchiudeva dietro le sbarre, con un “fine pena mai” chi era segnato dalla malattia. La legge “Basaglia”, a quarant’anni dall’entrata in vigore con tutto l’impatto che ebbe sulla società italiana affrontando il difficile rapporto tra malattia mentale, società, poteri e ideologie, è stata la “traccia” più scelta dagli studenti che hanno lavorato sul Progetto di storia contemporanea, raccogliendo i favori del 55 % delle ragazze e dei ragazzi. Grazie a questa legge ai “matti” venne riconosciuta la dignità di esseri umani, mettendo fine alla loro vita di non-persone, da segregare e sorvegliare perché “pericolose per sé e per gli altri”. Franco Basaglia, grande ispiratore della riforma, costrinse tutti a prendere atto che il malato mentale non era uno scarto della società, ma una persona che, nella sua debolezza, deve essere rispettata e aiutata a curarsi.
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La Risiera di San Sabba
Oltre al paesaggio fisico ci sono i luoghi dell’anima e le storie di personaggi veri, come Diego de Henriquez. Uomo straordinariamente singolare, triestino erede di una famiglia di ascendenza nobiliare spagnola, collezionista di ogni genere di materiale bellico e ideatore del Civico Museo della Guerra per la Pace, Diego de Henriquez ricopiò in due dei suoi diari, prima che venissero cancellate, le scritte lasciate dai prigionieri nelle celle della Risiera di San Sabba, lo stabilimento per la pilatura del riso che i nazisti trasformarono in lager diretto da Odilo Globočnik ,ufficiale delle SS e supervisore della costruzione di diversi campi di concentramento in Polonia (Bełżec, Sobibór, Treblinka), uno dei maggiori responsabili dello sterminio di milioni di persone durante l’Olocausto, calato a Trieste per fare della Risiera un luogo di morte. Le vittime della Risiera, unico campo di sterminio nazista in territorio italiano, sono stimate tra le 3000 e le 5000 persone, per la maggior parte partigiani e ostaggi, sloveni e croati, ma anche italiani, oltre ad almeno 28 ebrei.
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La Foiba di Basovizza
Durante il viaggio si visiterà la Foiba di Basovizza, nell’omonima frazione di Trieste a nord-est della città, sull’altopiano del Carso. Dichiarata monumento nazionale nel 1992, rappresenta il simbolo delle atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie di Tito. Pozzo minerario in disuso, nel maggio 1945 fu teatro di esecuzioni di civili e militari italiani, arrestati dalle truppe jugoslave d’occupazione. Gran parte delle vittime vennero gettate dentro le foibe, voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso triestino e in Istria. Quella di Basovizza, nel tempo, è diventa il principale memoriale, dotato da una decina d’anni di un Centro di Documentazione.
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Il Sacrario di Redipuglia
Ultima meta, sulla strada del ritorno a Torino, sarà il Sacrario di Redipuglia, il più grande e maestoso “parco della Rimembranza” dedicato ai caduti della Grande Guerra. Redipuglia, il cui toponimo deriva dallo sloveno “sredij polije” (“terra di mezzo”), si trova nella provincia di Gorizia, sul versante occidentale del monte Sei Busi e sorge nei luoghi dove, durante la Prima Guerra Mondiale, si svolsero le violentissime battaglie dell’Isonzo. Inaugurato il 18 settembre 1938, dopo dieci anni di lavori, l’opera –  conosciuta anche come  Sacrario “dei Centomila” – custodisce i resti di 100.187 soldati caduti nelle zone circostanti, in parte già sepolti, in un primo momento, sull’antistante Colle di Sant’Elia. Fortemente voluto dal regime fascista, il sacrario celebra il sacrificio dei caduti e offre degna sepoltura a coloro che non avevano trovato spazio nel cimitero degli Invitti. Si tratta di una  struttura imponente, composta da tre livelli di gradoni, sormontata da tre croci che richiamano l’immagine del Golgota e la crocifissione di Cristo. Circondato dai cipressi e dai prati  attraversati dai sentieri che passano accanto al museo e alle opere militari (camminamenti, caverne, trincee, postazioni per mitragliatrici e mortai) offre una testimonianza della linea difensiva realizzata prima dagli austriaci e poi conquistata dagli italiani.
 

Marco Travaglini

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