Senza fissa dimora: che fare?

Il problema dei senzatetto si fa sentire anche a Torino. E’ tornato all’onore delle cronache per la vicenda dei due clochard che bivaccavano da 18 mesi sotto i portici di piazza San Carlo, suscitando le polemiche dei commercianti e dei turisti e la pietà di molti passanti. Il caso è stato sollevato prima dal “Torinese” martedì e poi dalla “Stampa” mercoledì. Da qualche giorno sono stati fatti spostare dai vigli urbani anche se nel giro di qualche ora sono tornati nella loro “postazione” abituale. Nel frattempo il consigliere regionale di Forza Italia Andrea Tronzano propone un regolamento che preveda di garantire il decoro urbano e il rispetto dei diritti dei senza fissa dimora. A Torino i clochard sono circa 2000, una criticità sociale acuita dalla crisi che ha letteralmente messo sulla strada anche gente che fino a poco prima aveva un lavoro con cui pagarsi un tetto. E tra pochi mesi sarà inverno, con le complicazioni legate al clima rigido che spesso miete vittime tra chi vive sotto le stelle. Intanto la sindaca Chiara Appendino attraverso un post su Fb afferma: “Il fenomeno dei senzatetto che si sistemano nei punti di maggior flusso di persone – dunque spesso i centri storici o vicino a luoghi di interesse turistico – è comune alla stragrande maggioranza delle grandi Città italiane. Torino, attraverso i suoi Servizi Sociali per l’aiuto di adulti in difficoltà, mette a disposizione tutto l’anno numerosi strumenti per aiutare a superare questi casi di marginalità. Penso ai dormitori, al servizio Boa, che provvede a raggiungere fisicamente le persone in strada per dare sostegno, senza ovviamente dimenticare le preziose attività di altre Istituzioni e delle associazioni di volontari. Paradossalmente, proprio l’efficienza dei sistemi di assistenza della Città, fa sì che ogni inverno circa un centinaio di senzatetto provenienti da fuori Torino (circa la metà del totale) si stabiliscano qui, senza fare ritorno ai luoghi di provenienza. In altre parole, ogni anno a Torino aumentano i senza dimora di circa cento unità. Nonostante ciò vi assicuro che l’aiuto c’è e ci sarà sempre per tutte e tutti. Tuttavia quasi sempre quella di rimanere in strada – e il conseguente rifiuto degli aiuti – è una precisa scelta per accumulare elemosina. La solidarietà dei cittadini torinesi è nota – prosegue Appendino – e di questo vi ringrazio infinitamente. Tuttavia dare denaro a chi sta in strada molto spesso finisce per alimentare dipendenze o, nella peggiore delle ipotesi, veri e propri racket. Peggiorando così la situazione. Esistono tante meritevoli associazioni che invece, se avessero maggiori fondi, potrebbero fare ancora meglio il loro lavoro di aiuto e sostegno a queste persone, aiutandole a uscire da quella tremenda condizione di marginalità e reinserendole nella società permettendogli così di costruirsi un futuro e una vita normale.
Vi chiedo dunque di rivolgervi a loro se volete aiutare davvero queste persone. Ribadisco, senza dare soldi direttamente a chi sta in strada” “So che qualcuno ha parlato di Daspo Urbano, ovvero uno strumento con cui fare un “foglio di via. Ribadisco quello che ho detto già l’anno scorso: noi non adotteremo mai questo strumento nei confronti dei senza fissa dimora. La Città continua, come ha sempre fatto, a mettere in campo tutte le risorse possibili per contrastare queste condizioni di disagio. Anche con strumenti straordinari, come ad esempio l’apertura di Porta Susa l’anno scorso, in grado di ospitare persone anche accompagnate dai propri animali da compagnia”.

 

 

(foto: il Torinese)

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