Semplicemente amici di Barriera

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
Il tempo è galantuomo con i galantuomini. Noi modestamente ci siamo nati. Siamo nati in Barriera e siamo cresciuti all’oratorio Monterosa. Siamo cresciuti giocando al campetto. Rigorosamente di cemento con uno dei due canestri leggermente più basso dell’altro. Tutti i pomeriggi, estate e inverno. E quando pioveva nessun problema, ci trasferivamo sotto i portici. Mini canestro.  L’importante avere una palla da basket e tutto era possibile. Persino una palla talmente liscia che aveva una bolla esterna della camera interna. Invincibili quando giocavamo in casa, conoscevamo tutte le imperfezioni del campo. E quando si giocava nelle palestre si volava. Un giorno addirittura due partite, ovviamente tutte e due vinte. Per i compiti c’era sempre tempo. Soldi pochi, pochissimi. E la tuta un lusso che non ci potevamo permettere. Se poi c’era tanto freddo non era importante. Giù di canfora, maglioncini e via.  Gli allenamenti tre volte settimana erano un altro modo per continuare quelle nostre giornate insieme. Eravamo e siamo degli amici. Gli amici di ieri, di oggi e di domani. Enfatico? Sì, perché il tempo (almeno in questo caso) ritorna. Non ritorna solo nel ricordo . E ritrovandosi ci siamo domandati chi eravamo, chi volevamo essere e ciò che siamo diventati. Dandoci positive risposte. Ma il tempo porta dolore per chi non c è più. Non ci sei più Bumba. Mitico numero 6 talmente veloce che palleggi e correndo ti perdi il pallone. Con quella incipiente balbuzie che non ti ha impedito di laurearti con il tuo desiderio di riscatto. Fervido credente. E Tu Ricky numero 16 sempre alla ricerca di un angolo del campo per tirare e segnare. Il tuo cuore non ce l’ha fatta, troppo affaticato. Ma voi c’ eravate venerdì sera in Pizzeria, rigorosamente in Barriera di Milano. Corso Vercelli, pizza al padellino e farinata.  Renato il capitano. Gli avversari non tentavano di guardarlo negli occhi per capire dove avrebbe passato la palla e regolarmente sbagliavano. Ora incallito tanghero. Mai fermarsi. Angelo ed Ivan, professori da 40 anni. Il primo con un cuore grande cosi con specialità spalle a canestro finta e tiro. Ha finito la carriera statistica come play. Ivan testardo fino all’ inverosimile. Se qualche movimento non gli riusciva lo ripeteva per ore intere. Gianni decisamente fisicato che andava e si prendeva un sacco i botte per farsi spazio e prendere i rimbalzi . Ora tra i più rinomati fotografi sportivi italiani. Che con naturalezza ci racconta di essere stato a tutte le olimpiadi e campionati del mondo di scherma. E tu, Claudio, stiloso ieri come oggi . Anche per te il tempo è passato e questo pizzetto ti dà un non so che. Sempre pronto ad entrare in campo. Oggi in pensione dopo sanità e tabacchino. Sempre in pista con sci ed altre pratiche sportive. Chi si ferma è perduto. Come i fratelli Foligno. Inseparabili anche ora. Giova’ coordinatore della panchina fino nel fare carriera e da segna punti a coordinatore del tavolo segna punti. Obbiettivo quando giocavamo in casa. Guardingo quando giocavamo fuori casa. Tony, anche Lui roccioso ma straordinariamente calmo, che interveniva nel reprimere le possibili risse. Tutti e  e due dopo una vita di lavoro ora in pensione. Dario, che la passione lo faceva arrivare fino da Vercelli ed ora passa le consegne lavorative al figlio della sua agenzia di promozione di enciclopedie giuridiche. Noi non ci facciamo mancare nulla. Anche i supporter tifosi incalliti e correttissimi. Il Conte, alias Nicola con l’ inseparabile amico Gianni. In fondo il sottoscritto. Il più giovane e il più scalpitante  Al punto di lasciarli per poi tornare con le pive nel sacco. Mi mancava quel gioco anarchico. Eppure all’Agnelli si vinceva. Sempre primi o tra i primi nei campionati nazionali giovanili. Forlì Benevento Rapallo Caserta. Ottima entrata e velocissimo. Quando non bastava e ci dovevo mettere testa ed abnegazione mi sono fermato. Tra i pochi rimorsi della mia vita. Un gruppo. Un gruppo ieri e tutto sommato un gruppo oggi. Amicizia e una passione per lo sport indubbiamente indispensabile per cementare il tutto. Forse non eravamo i migliori. Sicuramente tra i giovani eravamo puliti dentro. L’altra sera fuori dalla pizzeria continuava lo spaccio e gli spacciatori con pretesti tentavano di venderti droga. Corso Vercelli non si fa mancare nulla. Anche per questo rimpiangiamo i nostri tempi. Preferendo il nostro passato a questo presente. Costruendoci per un momento una piccola ed assediata isola felice. Felice per un momento ma pur sempre felice. Un lusso ultimamente negato.  Piccole storie di Barriera che diventano piccole storie di città. Piccole storie ma  per noi grandi storie. E come ha detto il poeta: nessuno si senta escluso. Magari sono solo nostri dettagli. Per noi hanno fatto la differenza positiva della nostra esistenza. Ci ritroveremo per riscoprire questa leggera felicità. Semplicemente. 
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