Riflessioni sulla vicenda di Adele, stroncata dalle droghe sintetiche

Adele è morta a sedici anni: una vita davanti che non avrà più il piacere di trascorrere nelle sue straordinarie evoluzioni, pochi anni alle spalle, quelli di una bambina passata all’adolescenza da qualche mese

La causa? Ormai lo sanno tutti da alcuni giorni: uso di droghe sintetiche ad un festino presso un’abitazione privata di Albaro insieme al ragazzo, che è stato in seguito arrestato con l’accusa di cessione di sostanze stupefacenti e morte procurata per altro reato. Stesso quartiere, tragica morte similare, simile capo di imputazione, identico arresto a distanza di qualche anno fa: di chi sto parlando? Paolo Calissano. Immagino tutti si ricordino la storia dell’attore e della ballerina brasiliana che, in quel caso, collassò per aver mischiato droghe e farmaci; Adele non ha ingerito cocaina e tranquillanti, ma droghe sintetiche e alcool. Evidentemente, a differenza di tossicodipendenti più abituali nella propria passione, se mai si possa definire tale, non sapeva gestirsi, proprio perché alle prime armi, e forse ignorava che mischiare alcool e droga non è mai un buon mix specialmente per il cuore che, sovraccaricato nello sforzo, si blocca in un cortocircuito letale. Calissano fu immediatamente scarcerato, dopo qualche giorno di isolamento, e alloggiato in una comunità; il ragazzo di Adele è ancora in carcere in una sezione ordinaria con delinquenti abituali, il GIP ha convalidato l’arresto, non disponendo misure più attenuate.

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Calissano, segnalato dal 2003 come assuntore di cocaina e come tale sentito nell’inchiesta Reborn circa il giro di droga nella “Genova bene”, se mai si possa definire in tali termini, in riferimento alla tragica morte della Contessa Vacca Agusta, definita in “suicidio”, forse per comodo da una pm chiavarese Margherita Ravera, a sua volta deceduta improvvisamente nel 2010 in circostanze poco chiare, venne di fatto prosciolto da ogni accusa. Ora i legali del ragazzo hanno annunciato ricorso al Tribunale del Riesame di Genova, stesso organo giudiziario che annullò qualche anno fa il mandato di cattura internazionale ottenuto dall’allora Procura di Chiavari nei confronti di Maurizio Raggio, per chi non lo ricordasse compagno della Contessa Vacca Agusta, fuggito all’estero, molto probabilmente in Messico, salvo poi rientrare pacifico in Italia una volta calmate le acque. Altra morte, altra tragedia, il piccolo Ale in un residence a Nervi; anche in questo caso Calissano era un assiduo frequentatore della Mathas, trentenne prostituta italiana che, in compagnia di un amico, Giovanni Rasero, dopo circostanze poco chiare, portò il figlio di pochi anni al Pronto Soccorso nei fatti in agonia se non già deceduto.Come andò l’inchiesta? Dopo uno processo non senza colpi di scena, la Mathas venne assolta dall’accusa di omicidio, e Rasero, seguito forse in termini non impeccabili dai propri legali, fu condannato a 26 anni per omicidio e tuttora è in carcere.

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Adesso è il turno di questo giovane ragazzo con la giustizia genovese: vedremo come andrà a finire. Una cosa è certa: quando muore qualcuno per droga, gli inquirenti vanno sempre a cercare chi ha fornito la dose letale, come se all’Istituzione non interessasse tanto bloccare il commercio di droga quanto delle partite avariate, una forma di controllo della qualità della droga che è in circolazione.

Tutti a strapparsi le vesti, Monsignori che scomunicano pubblicamente la droga come demoniaca, eppure tutti sanno come gira, qualche rapper in maniera simpatica e provocatoria ha scritto una canzone di successo qualche estate fa dal titolo tormentone “TranneTe”…Ecco, forse in questo momento sarebbe da urlare a gran voce “Tranne Te”…”Tranne Te”… “Tranne Te”! Il dramma di Adele, del suo ragazzo, delle rispettive famiglie è inequivocabile; mi domando quanti, però, in realtà siano davvero interessati a rendersi partecipi di questo dramma: in fondo a questa ragazza sono interessati in pochi, domani si sa è un altro giorno, altro festino, altro dramma, la vita è fatta di numeri, specialmente per chi è abituato a gestire i quasi 10.000 fascicoli “contenenti” notizie di reato dalla Procura della Repubblica di Genova e i quasi 800 detenuti, molti ancora in attesa di giudizio, presso il carcere di Marassi, dove ora è rinchiuso il ragazzo di Adele.

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La nostra è una società perbenista sempre più in crisi, descritta spietatamente dal film “American Beauty”, dove vengono messe a nudo le ipocrisie, le debolezze e le falsità della quotidianità di giovani e adulti, uniti unicamente dal desiderio sfrenato di piacere a qualcuno, non si sa bene chi, nel tentativo di appagare se stessi e nell’impegno quotidiano di mostrare a un ipotetico prossimo un successo sociale, non sempre richiesto in un mondo dove c’è poco spazio, per definizione, per i numeri Uno, anche attraverso l’utilizzo di piattaforme social dai contenuti più variegati. Tra una decina di giorni per questo giovane ci sarà il Riesame, lo stesso riesame del caso Raggio: sono molto curioso di sapere da quale giudici sarà composto, perché anche in quella sezione ogni togato ha una sua storia personale, e quale decisione prenderà. Mi auguro sinceramente che il destino di questo ragazzo non sia quello di molti pesci piccoli che rimangono impigliati alle reti della “Giustizia”, differentemente a quello di altri, non necessariamente grandi, ma altamente inseriti in “giochi di ricatto” che, almeno da quindici anni, in Liguria la fanno sempre franca.

Carlo Carpi

 

 

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