Quando la violenza è (anche) donna. Al nord come al sud

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
Ci sono 1600 km tra Torino e Gela. Per chi non conosce la geografia ( ultimamente mancanza diffusa anche tra i  nostri politici ) Piemonte e Sicilia. Punte estreme del nostro Paese. C’è chi, scettico di una formazione comportamentale italica, ha sempre sostenuto che l’ Italia è lunga e stretta. Dunque quasi impossibile uniformarsi nei comportamenti. 2018: quest’anno passerà alla cronaca anche perchè, sia nella nostra città che a Gela delle mamme hanno comportamenti violentemente simili. I fatti sono noti. A Torino, causa continui insulti delle mamme all’arbitro “femmina” di una partita di Basket di ragazzine, il pubblico è stato invitato ad uscire dalla palestra per concludere la partita. A Gela due madri a una recita scolastica natalizia delle proprie bambine si sono picchiate per accaparrarsi il miglior posto per fotografarle. Notorio che i violenti sono stupidi. Qui aggravati dai futili motivi. Violenza futilità e stupidità. Ma qui sono donne le violente. Violenza verbale e fisica. Davanti alle loro figlie e davanti alle amiche delle figlie. Loro che dovrebbero educare. Prima reazione: sono solo loro le principali responsabili. Fanno anche il paio con i genitori che percuotono gli insegnanti colpevoli di aver dato un brutto voto  al figlio. Follia. Semplice e pura follia. Curabile?Anni fa ho letto un libro scritto da un avvocato, presidente di un’ associazione contro la pedofilia. Figlio di un pedofilo, raccontava del suo lungo percorso per non diventare pure lui un pedofilo. Analisi per non diventare come suo padre. Non era contrario alla castrazione chimica. Raccontando il suo percorso concludeva coi fatti avendo famiglia e figli felici. Raccontava che il suo inferno era il suo passato ed il suo paradiso il presente ed il futuro. Ci era riuscito con la consapevolezza di cosa sarebbe potuto diventare e di ciò che è diventato. Ci è riuscito con l’aiuto di professionisti. Ci è riuscito. Più volte ho citato questo avvocato per la totale mia totale stima. Ha attraversato il deserto riuscendo in una impresa difficilissima. Lo considero come caso estremo per stigmatizzare che anche l’impossibile può realizzarsi. Lo cito perché hanno ed abbiamo notevolmente superato il senso del limite della decenza. Lo cito perché questa violenza ci riguarda un po’ tutti. Sia ben chiaro che mi sento lontano mille miglia dalla violenza spicciola di queste donne. Piccole donne. Ma mi rifiuto di credere che il giorno dopo abbiano fatto sogni d’oro.  Qualche domanda se la saranno pure posta. I 1600 km di distanza tra due realtà italiane all’ opposto come struttura sociale, ma ad oggi accomunate da questi episodi. Con l’esortazione che chi è normale, come pensa di esserlo il sottoscritto, non si volti dall’ altra parte quando assiste a simili episodi. E che la società oltre a reprimere si ponga anche il problema di educare.
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