Quando la borghesia non c’è più. Cronache di un anno: dalla cacciata di Asproni al G7

di Pier Franco Quaglieni

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Torino, dopo l’ineffabile ed arrogante Giuliano  Soria  con il suo premio letterario  di cui qualcuno ha addirittura comprato il brand(cose che possono capitare solo in Piemonte a dei dilettanti improvvisati ), è vaccinata di fronte ad ogni evenienza sia in campo culturale che no. La fine ingloriosa  della Fondazione “Rosselli” è passata infatti dell’indifferenza ovattata e ipocrita della maggioranza,complici i giornali silenziosi. L’episodio di piazza  San Carlo passerà invece alla storia di Torino come il Tornado del 1953 che troncò la punta della Mole ,la quale dovette aspettare molti anni per essere ricostruita com’era. Forse ,oggi ,quella Mole troncata potrebbe tornare ad essere il simbolo di una città che dovrebbe affrontare un G7 a settembre. Un evento importante che riporterebbe per qualche giorno Torino al centro dell’attenzione internazionale. Vorrebbero tenerlo anche in centro e non solo al Lingotto. Addirittura a Palazzo Madama e persino a Palazzo Reale,magari con qualche cena  come nel 1997… Zona rossa sarà invece, abbastanza incredibilmente, la Reggia di Venaria, il gioiello piemontese per eccellenza, il luogo privilegiato di un evento internazionale. E’ strano che non sia previsto nulla nell’immancabile location del Museo Egizio, vero ombelico torinese  della cultura internazionale. Sarebbe da  proporre anche qualcosa al Circolo dei lettori e magari  anche al Polo del ‘900,tappe immancabili della torinesità rampante di questi ultimi anni . Ma sicuramente lor signori sapranno discernere per il meglio ,come hanno dimostrato in occasione della partita del 3 giugno in piazza San Carlo. I giornali hanno riportato che il Museo del Cinema è “nel mirino della magistratura per 900 mila euro fuori controllo”. Il servizio che ho letto è stato affidato ad una giornalista  piuttosto obiettiva e quindi credibile che intervista tutti e non solo i suoi amici. Ugo Nespolo che è stato presidente del Museo, carica dalla quale si dimise,ha dichiarato :”Era evidente che sarebbe andata così, l’avevamo detto mille volte “.

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In effetti, il costo del Museo che già si aggirava sui 13 milioni di euro appare sproporzionato al ruolo e alle attività che svolge. Paolo Damilano ,rampollo di una dinastia produttrice di Barolo, Barbaresco ed acque minerali (queste ultime sono dappertutto nei luoghi – simbolo che lui frequenta, a partire dal Circolo dei lettori) che è stato presidente dal febbraio 2015 ad oggi, si dichiara  “ben felice di confrontarsi sul suo operato”. Una presidenza breve, la sua, se è vero che la Regione ha già pronto il nuovo presidente nella persona di Laura Milani che incrementerà ulteriormente  le quote rose del mondo culturale subalpino. Appare incredibile la dichiarazione dell’assessora comunale alla cultura Francesca Paola Leon che si trincera dietro un “no comment” che rivela la non volontà di assumere una posizione su un tema sul quale il Comune non può sottrarsi. Addirittura dichiara :”Non ho intenzione di esprimermi”. L’ex direttore del Museo ,quell’Alberto Barbera che ha  lavorato contemporaneamente al festival del Cinema di Venezia e al museo torinese, dando prova di essere onnipresente quasi come un dio in terra, dopo aver detto che non ha più contatti con il Museo, ha affermato che “l’interesse della Magistratura lo coglie di sorpresa”. Eppure è stato direttore per tanti anni quasi con pieni poteri, poteri quasi carismatici che gli consentirono di liquidare, in quattro e quattr’otto, Gianni Rondolino a cui ,  disse, era debitore di tutto. Una frase che non sentito pronunciare anche da certi sedicenti continuatori di Bobbio. Anche la magistratura contabile fa sentire gli effetti delle sue indagini torinesi  e altri stanno tremando. L’unica, davvero competente e capace, che ha portato a Torino le più belle mostre dell’ultimo quindicennio, Patrizia Asproni, è stata costretta ad andarsene. In questi giorni è ad Hong Hong a  fare lezione  su come si gestisce e valorizza la cultura in Italia. Speriamo non parli dell’epilogo amaro e vergognoso (non per lei )  della sua esperienza torinese, quando la sindaca in carica si rifiutò ripetutamente di riceverla e persino l’assessora alla cultura fece saltare l’incontro fissato. Patrizia Asproni che faceva la presidente della Fondazione Torino Musei a titolo gratuito ( non dimentichiamolo!),decise di andarsene. Così saltò anche la mostra di Manet e, da quel momento, Torino non riuscì più a realizzare un evento culturale di richiamo.

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Questa può essere la cronaca commentata di circa un anno dell’Amministrazione in carica: tante belle parole, qualche atto sconsiderato come quello di chiedere le dimissioni del prof. Francesco Profumo dalla Fondazione San Paolo, qualche palese incapacità ad affrontare situazioni e problemi, molte accuse verso Fassino, senza chiamare mai in causa il predecessore  Chiamparino che divenne un interlocutore privilegiato, malgrado i conti sfuggiti di mano risalgano al suo decennio.
Quanti torinesi che per disperazione e per rifiuto del cosiddetto  “Sistema Torino” hanno votato la giovane candidata sindaca ,si sono accorti dell’errore commesso ? Credo tantissimi. Senza quei voti non sarebbe mai stata eletta. L’avrebbero votata sicuramente  i centri sociali, ma quello che resta della borghesia torinese, un anno fa, al ballottaggio, avrebbe fatto molto meglio ad andare al mare o a votare Fassino. Ma la borghesia non esiste più, è fatta di arricchiti incolti che votano ,come si dice, con la pancia ,senza mai usare il cervello.  Abbiamo visto all’opera alla guida del Paese il gran capo dei bocconiani, a Torino  la sindaca bocconiana non sta dando buoni risultati. Si potrà ancora dire che è molto meglio della Raggi ? Me lo auguro per Torino, ma l’aggettivo bocconiano deve suscitare più che ammirazione qualche legittimo sospetto.

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