PRANZO DI NATALE: IL DRAMMA DEI PARENTI

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tetiPUNTI DI (S)VISTA / di Tersilla Garella

 

Negli anni mi sono comunque fatta furba e ho trovato il modo di deviare la conversazione su altre questioni. I parenti bisogna farli bere. E tanto anche. È l’unico modo per salvarsi

 

Suona la sveglia. Ci siamo. Il momento è catartico. L’attesa sta per finire. Alzo il telefono. “Pronto, mamma?” Mi risponde una voce ancora inebetita dal sonno. “Cosa vuoi a quest’ora? Sono le 8 del 25 dicembre…” “Sì, ecco, stanotte ho elaborato una teoria filosofico-sociologica e volevo condividerla con te.” “Scusa, Tersilla, puoi ripetere?” Nemmeno mia madre mi capisce.” Niente, volevo solo dirti che se oggi esagerano con le domande, non me ne importa una BEATA, me ne vado e STIGRANCA.”

 

Chiudo la telefonata, ancora stremata dall’uso di un linguaggio tanto aulico. Mi preparo e mi dirigo impavida ad affrontare il mio destino. Che, nello specifico, oggi è rappresentato dai parenti. Credo fortemente che l’intolleranza ai cibi, tanto comune, non sia però la più diffusa, soprattutto nel periodo delle feste, quando quella ai parenti la supera di gran lunga.

 

Giungo a destinazione. Un respiro profondo per non impazzire. Ed eccoli lì, belli come il sole. Un’orda sbavante di parenti assetati di sapere della tua vita, schierati in una serrata falange oplitica, al cui confronto gli Spartani erano dei dilettanti, pronti ad atterrarmi con una serie di domande fitte ed insidiose come ogni anno. Cos’hai intenzione di fare della tua vita? Che progetti hai? Ti senti realizzata? Programmi di prendere un’altra laurea? Hai dei problemi e vuoi parlarne? Ma soprattutto: perché a 26 anni non hai ancora un fidanzato?

 

A quanto pare questa domanda è quella che anima maggiormente il dibattito ogni anno.”Com’è possibile che bella come sei tu non abbia uno straccio di ragazzo??” In quel momento non rimane che adottare la stessa strategia che si usa con gli orsi: fingersi morti e aspettare che passino oltre. “Noi alla tua età eravamo già tutte sposate…”, mi dice una zia della mamma. Grazie, non sai quanto mi rincuori questa cosa.

 

Negli anni mi sono comunque fatta furba e ho trovato il modo di deviare la conversazione su altre questioni. I parenti bisogna farli bere. E tanto anche. È l’unico modo per salvarsi. Sì bè, considerato che le zie della mamma sotto l’abuso di vino iniziano a decantare l’operato di Berlusconi e ad esaltarne le doti morali, non son così convinta che faccia tanto bene… Ma almeno io ho un po’ di tregua.

 

Sopravvivere oggi al ventiseiesimo pranzo di Natale sarà impresa erculea, ma vedremo di farcela. Che poi, in fondo, se loro non ci fossero non sarebbe davvero Natale… Auguri!

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