Pietro Milanesi, come fare successo tra Torino e L.A.

Ha talento da vendere e buone dosi di coraggio, tenacia e intraprendenza, Pietro Milanesi, giovane compositore torinese che oggi vive e lavora a Los Angeles e crea con straordinaria abilità soprattutto musiche per spot pubblicitari, film e televisione. Aria sbarazzina e tempra da golden boy, ha solo 28 anni ed è un gran bell’esempio di italiano nel mondo. La sua passione per la musica lo ha guidato verso continui importanti traguardi… ha fatto tutto da solo e non ha sbagliato un colpo.

 

I suoi primi passi a Firenze nello storico studio Larione 10; poi a Roma dove ha lavorato in uno dei più grandi studi di registrazione italiani con artisti del calibro di Ennio Morricone, Nicola Piovani, Max Pezzali, Fiorello, Nek, Antonello Venditti ed artisti internazionali come la band francese Fortune e gli inglesi East 17. E’coup de foudre per il mondo del cinema e della musica per immagini e dà il meglio si sé in progetti di successo, come la serie televisiva “Benvenuti a tavola” e il film natalizio “Una famiglia perfetta”. E’ sul trampolino di lancio, diventa inarrestabile, vince borse di studio e plana a Boston dove lavora con mostri sacri come Celine Dion e Harvey Mason.

 

Ma la grande svolta è il trasferimento a Los Angeles, dove collabora con il compositore inglese   Adam Peters a vari progetti tra cui il   documentario “Icarus”, scrive un album per la Red Bull e partecipa a uno stage presso Hans Zimmer al famoso Remote Control Production. I suoi contributi vanno anche al cinema e con il compositore Marcelo Zarvos lavora al film “Wonder”, con Julia Roberts e Owen Wilson, che sarà nelle sale a novembre.

Le cose più importanti e di successo che hai fatto?

«Di recente “Icarus” che, partito come film low budget, sta creando parecchio rumore. Ha vinto il premio speciale della giuria al Sundance Film Festival, il premio della critica al Sundance London e sta raccogliendo successi nel circuito dei festival internazionali. Sono curioso di vedere come lo accoglierà il grande pubblico quando a fine estate uscirà su Netflix. Poi ho un gran bel ricordo di “Una famiglia perfetta”, primo film a cui ho collaborato componendo la colonna sonora. Andare al cinema con tutto il team e sentire le musiche su cui avevo lavorato per mesi è stato emozionante».

Cosa hanno significato in termini di impegno e difficoltà?

«L’impegno è sempre molto ed ogni progetto, piccolo o grande che sia, pone diverse problematiche. Cerco di dare ogni volta il massimo, ma il risultato finale dipende da tutte le persone coinvolte».

I big con cui hai lavorato e cosa ha comportato?

«Sono tanti. A Roma, dove lavoravo come fonico al Forum Forum Music Village, sono passati tutti i grandi nomi della musica italiana ed internazionale. Situazioni in cui c’è più pressione, la qualità dei musicisti è molto alta, quindi il livello di attenzione è sempre al massimo. Ero particolarmente emozionato a lavorare con Max Pezzali, perché, come molti della mia generazione, sono cresciuto con la sua musica. Lui in studio è molto pacato e gentile, proprio come lo si vede in pubblico. Il suo album è stato in vetta alle classifiche e spero di aver contributo al suo successo».

Cos’è per te la musica?

«E’ la mia passione e sono fortunato che sia anche il mio lavoro, che è molto vario, perché ogni progetto è differente. Inoltre alterno l’attività di compositore a quella di fonico. Mi appaga lavorare sulle musiche di un film: progetto collettivo in cui relazionarsi con regista, editor del video e dell’audio, tecnici del suono, musicisti e così via. L’impegno è notevole, 7 giorni su 7. La carriera che ho scelto richiede sacrifici, ma mi ha dato anche diverse soddisfazioni».

Il genio assoluto chi è e com’è lavorarci insieme?

«Immagino ti riferisca a Morricone. Sicuramente un talento fuori dal comune, non a caso è tra i compositori viventi più stimato al mondo. Scrive tutte le parti, incluse le orchestrazioni; dirige ed è presente a tutte le sessioni del missaggio. Considerando che quando ero in studio con lui nel 2012 aveva 84 anni…non è poco».

Il tuo pensiero prima di entrare in sala registrazione, quello durante il lavoro e cosa ti passa per la testa una volta finito.

«”Speriamo vada tutto bene!” Soprattutto per quanto riguarda le tecnologie musicali, perché può   capitare che i banchi analogici, vecchi di alcuni decenni, diano problemi e, se succede nel mezzo di una registrazione con l’artista, può rovinarti la giornata. Durante il lavoro sono superconcentrato su quello che faccio. Quando ho finito spesso sono esausto e non ho molti   pensieri se non quello di riposare e cominciare a pensare al progetto successivo».

L’ispirazione da dove ti arriva?

«Sicuramente contribuiscono tutti gli stimoli esterni e non solo musicali. Influiscono la musica che ascolto a come mi sento in determinati momenti; poi è fondamentale l’allenamento nello scrivere.

Spesso ci sono scadenze fisse e la necessità di finire in tempo aiuta l’ispirazione. Cerco di essere versatile per comporre ogni tipo di musica; ma allo stesso tempo, spero di riuscire a sviluppare un suono che mi appartenga, una mia voce originale».

La tua giornata tipo ?

«Non esiste. A volte lavoro da casa e non faccio altro che scrivere tutto il giorno: forse è l’attività che prediligo, anche se alla lunga tende ad essere solitaria. Mi piace molto stare in studio di registrazione con altri musicisti. Quando lavoro per un compositore e dobbiamo finire un film faccio orari assurdi e la mia vita sociale scompare. In qualche modo cerco di ritagliarmi del tempo libero e fare altro dalla musica, ma non sempre è possibile».

Per il tuo lavoro perché l’Italia non basta?

«Gli Stati Uniti offrono opportunità uniche, spesso di portata internazionale. Il 90% della musica che ascolto da sempre è americana ed è uno stimolo straordinario poter lavorare con persone di cui sono un fan. Sono ambizioso e trasferirmi ha significato trovarmi a stretto contatto con alcuni dei più grandi nomi della scena musicale mondiale. Poi, per la musica da film qui i grandi budget dell’industria cinematografica permettono un’ampia varietà di generi».

Los Angeles, Hollywood e il mondo in cui lavori…che esperienza è?

«Sicuramente molto diversa da quella in cui sono cresciuto. Vengo da Torre Pellice, un piccolo paese in provincia di Torino e, al primo impatto, trovarmi in una metropoli come Los Angeles è stato uno shock. Non è certo una città facile; per esempio se mi devo spostare il traffico è tale che la giornata si accorcia drasticamente. Ma le opportunità che ci sono qui non le troverei in nessun’altra parte del mondo: per tutto ciò che riguarda l’intrattenimento è un posto unico e ricco di offerta».

I tuoi prossimi passi?

«Sto ultimando le musiche per il film”FollowingKanika” che tratta un tema attuale: la distorsione dell’immagine che i giovani hanno di se stessi, legata agli effetti dei social media. Inoltre continuo a scrivere brani per diverse librerie musicali come Gramoscope o FineTune Library, che si occupano di inserirli in diversi programmi televisivi di successo quali “The Bachelor” o “So you think you can dance”. Sul fronte italiano ho nel cassetto una canzone per Fabio Rovazzi, il rapper che la scorsa estate cantava“Andiamo a comandare; vedremo se avrò modo di fargliela sentire».

Come vorresti il tuo futuro?

«Continuare a scrivere musica e lavorare su progetti stimolanti. Il futuro è incerto, ma promettente».

 

Allora i nostri migliori auguri a questo giovane talentuoso di cui potete ascoltare alcuni brani sul suo blog www.pietromilanesi.com

Laura Goria

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