Palazzo Nuovo, anche se l'amianto non fa paura parte la class action

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La relazione del Politecnico dovrebbe confortare anche i dipendenti dell’Università che, la scorsa settimana, avevano posto come condizione per il ritorno nella sede, la garanzia di una completa rimozione dell’amianto e una valutazione della natura delle polveri presenti nella struttura

 

Continua a proseguire l’onda di “popolarità” che in questo ultimo mese ha investito, suo malgrado, la sede della Facoltà di Scienze umanistiche.Secondo i dati raccolti dai docenti del Politecnico di Torino, incaricati di analizzare che aria si respirasse all’interno di Palazzo Nuovo prima che venisse chiuso al pubblico, la presenza di amianto sarebbe molto bassa e in percentuali minori rispetto a quelle che vengono valutate, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, pericolose e nocive per l’uomo. I professori Paola Marini e Maurizio Onofrio, starebbero infatti misurando da una decina di giorni, la qualità dell’aria all’interno della struttura e secondo i primi dati rivelati, dei quasi 70 campioni raccolti la stragrande maggioranza (62 per la precisione) non avrebbe rivelato la presenza di amianto. Dati questi che fanno ben sperare ad una riapertura almeno parziale di Palazzo Nuovo o quantomeno alla possibilità per chi avesse delle scadenze urgenti e inderogabili, di poter accedere ad alcune zone dell’edificio. Nonostante i sindacalisti manifestino ancora, come già accaduto in passato, scetticismo sull’attendibilità del cosiddetto aerodisperso (analisi dell’aria che si respira), la relazione del Politecnico dovrebbe confortare anche i dipendenti dell’Università che, la scorsa settimana, avevano posto come condizione per il ritorno nella sede, la garanzia di una completa rimozione dell’amianto e una valutazione della natura delle polveri presenti nella struttura.

 

E se da una parte gli ultimi dati raccolti e resi noti sembrerebbero portare per l’Università e per il rettore Ajani una nuova boccata d’aria fresca, dall’altra parte la questione amianto continua a farsi sentire e a rendere la situazione sempre più tesa. Pare infatti che, qualche giorno fa, sia partita una class action contro il Ministero dell’Istruzione in quanto proprietario dell’immobile contenente l’amianto. L’iniziativa sarebbe partita dallo studio legale torinese “Ambrosio e Commodo” che parrebbe già assistere una quarantina di persone tra universitari ed ex iscritti.Il team di legali contesta il cosiddetto “danno da pericolo”, ossia la preoccupazione, anche se si sta bene, di subire un danno. “Ci sono dei precedenti giudiziali che ci confortano – spiega l’Avv. Gino Arnone – la Corte di Cassazione nel 2009 infatti ha ammesso per il noto disastro ambientale di Seveso,che sia riconosciuto un risarcimento anche per chi ha la semplice preoccupazione per il proprio stato di salute dopo essere stato in ambienti contaminati- ed aggiunge – tutti coloro che ritengono di essere preoccupati per la propria salute possono rivolgersi a noi”.Insomma un vero e proprio incubo per l’ateneo torinese, che replica all’iniziativa definendo la class action “un’azione destituita da ogni fondamento” e parla di una mancanza assoluta di presupposti che possano legittimare questa azione legale.

 

Simona Pili Stella

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