Pakistan, le libertà violate

FOCUS  di Filippo Re

“I cristiani sono dei maiali. Non meritate di vivere”. Queste parole di un militante estremista rivolte a un giovane cristiano rapito da milizie islamiste in Siria riassumano brutalmente quanto contenuto nel Rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs) sulla persecuzione anticristiana dal titolo: “Perseguitati e dimenticati. Rapporto sui Cristiani oppressi in ragione della loro fede tra il 2015 e il 2017”, presentato in questi giorni a Milano. L’Acs è una Fondazione di diritto pontificio che ogni anno monitora le violazioni della libertà religiosa nel mondo. Lo studio, che prende in esame tredici Paesi (Cina, India, Iraq, Pakistan, Siria, Sudan, Turchia, Egitto, Eritrea, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Corea del Nord) si basa su ricerche sul campo effettuate dall’Acs tra il 2015 e il 2017. Negli ultimi anni la situazione dei cristiani è peggiorata a causa di violenze e oppressione, fondamentalismo e nazionalismo. In Pakistan, per esempio, oltre agli arresti e agli omicidi di cristiani accusati falsamente di blasfemia, si fa più allarmante il problema delle conversioni forzate, dal cristianesimo alla religione islamica. Ogni anno sono migliaia i cristiani obbligati ad abbracciare l’Islam in cambio della falsa promessa di essere rimessi in libertà e tra questi ci sono molti detenuti di fede cristiana. Le comunità cristiane protestano per le case bruciate e per i maltrattamenti a cui sono sottoposti i cristiani che sposano donne musulmane. I capi religiosi cristiani hanno chiesto alle autorità locali di prendere provvedimenti contro un procuratore che ha confessato di aver spinto prigionieri cristiani ad abbandonare la loro fede per abbracciare l’Islam. La stampa pakistana ha diffuso la notizia, riportata da Asia News, che un giudice ha condotto una quarantina di prigionieri cristiani in tribunale a Lahore, nella provincia del Punjab, dichiarando di potere garantire la loro liberazione se si fossero convertiti alla religione islamica. I cristiani sono stati arrestati per aver linciato due musulmani sospettati di aver avuto legami con i due terroristi talebani che a marzo attaccarono alcune chiese in città. Ogni anno, secondo le organizzazioni pakistane per i diritti umani, almeno mille donne cristiane e indù sono costrette a convertirsi e a sposare uomini musulmani. In base ai dati dell’ultimo “Rapporto sulle minoranze religiose in Pakistan” della Commissione nazionale giustizia e pace della Conferenza episcopale pakistana, cinque cristiani si sono convertiti all’Islam nel 2014. L’unica provincia pakistana che ha approvato una legge contro le conversioni religiose forzate è il Sindh.

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La coraggiosa decisione di proteggere le minoranze risale a un anno fa ma l’entusiasmo dei cristiani è durato poche settimane a causa della forte opposizione di alcuni esperti in legge coranica che ha costretto il governo locale a rivedere la norma varata nel 2016. Anche ad Asia Bibi è stato proposto di convertirsi, come risulta da un incontro tra l’avvocato e la donna cristiana in carcere da sette anni e a rischio di condanna a morte perchè falsamente accusata di blasfemia contro il profeta Maometto. Il processo ad Asia Bibi, la cui vicenda è tornata all’attenzione dell’opinione pubblica dopo la richiesta di alcuni imam di eseguire subito la condanna a morte per impiccagione, è stato nuovamente rinviato. Nell’ottobre scorso i giudici del Tribunale supremo rinviarono il processo contro la donna al mese di giugno. La Corte decise di rimandare l’udienza finale dopo che uno dei magistrati si ritirò improvvisamente dal caso che nel frattempo ha assunto toni ancora più preoccupanti. Adesso un nuovo inquietante rinvio. Diversi imam pakistani hanno chiesto che Asia Bibi venga giustiziata. Il linciaggio di uno studente all’Università di Mardan, torturato e ucciso per aver offeso il Profeta e aver pubblicato su Facebook opinioni favorevoli alla religione Ahmadi, sarebbe, secondo alcuni fanatici predicatori musulmani, “colpa” di Asia per la quale si chiede l’immediata esecuzione della condanna a morte come deterrente contro le violenze di massa. In Pakistan le due principali minoranze religiose sono i cristiani e gli indù. Su 180 milioni di abitanti, il 95% sono musulmani, i cristiani sono appena il 3, gli indù meno del 2%. Le donne cristiane che in Pakistan ogni anno vengono rapite e costrette alla conversione forzata sono almeno settecento. La maggior parte dei casi si registra nel Punjab dove l’estremismo islamico è molto forte. Una suora cattolica che in Punjab aiuta le vittime delle conversioni forzate, ha raccontato all’Agenzia Fides che riceve una segnalazione ogni settimana. Secondo la religiosa, il fenomeno è in crescita per diverse ragioni: “le donne sono considerate merce senza valore e, se appartengono a minoranze religiose, sono doppiamente schiavizzate”. Inoltre “la crisi economica e la povertà spingono molte persone a cercare un rifugio nella fede, e la conversione di un nuovo fedele all’islam è considerata un merito per il paradiso”. I cattolici pakistani sono più di un milione, pari all’1% della popolazione totale. Nel 2004 la chiesa locale contava 204 sacerdoti. È organizzata in due arcidiocesi, quattro diocesi e un vicariato apostolico. La Costituzione del Pakistan discrimina i cittadini in base alla religione professata e fornisce un trattamento preferenziale ai musulmani mentre l’articolo 2 della Costituzione dichiara l’islam “la religione di Stato in Pakistan” e il Corano e la Sunna “la legge suprema e la fonte di guida nella promulgazione delle leggi, L’’articolo 260 della Costituzione distingue i “musulmani” dai “non-musulmani” incoraggiando la discriminazione sulla base della religione. I passi più importanti verso l’islamizzazione del Paese sono stati fatti dal presidente Zia-ul Haq (in carica dal 1977 al 1988), il quale ha introdotto una serie di leggi islamiche e ha dato vita a un sistema giudiziario per rivedere tutte le leggi esistenti. 

(rivista “Il dialogo-al hiwar” del Centro F. Peirone)

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