Omicidio a Torino, Fsp Polizia: “Vicini alla famiglia Leo"

“Partecipiamo profondamente al dolore e allo sdegno dei familiari di Stefano Leo, a cui va tutta la nostra vicinanza e solidarietà. Leggiamo con sgomento le parole del papà, Maurizio, che parla di un Paese che non tutela i suoi cittadini. Uno sgomento acuito al massimo dall’abnegazione, dallo spirito di sacrificio, dal senso del dovere che animano noi poliziotti, impegnati spesso oltre i nostri limiti per dare risposte ai cittadini. Risposte che a volte, però, sono vanificate da corto-circuiti di un sistema giustizia che presenta sintomi di malattia, come provato da vicende giudiziarie trascorse e, drammaticamente, anche oggi da quella che ha portato alla devastazione della famiglia Leo. Risposte, quelle che gli Appartenenti alle Forze dell’ordine danno nonostante tutte le difficoltà, le necessità e le carenze con cui pure devono lottare, che cadono nel vuoto ogni qualvolta la totale inesistenza della certezza della pena causa ulteriore nocumento, ingiustizia, sbigottimento alla cittadinanza. Come è sacrosanto pretendere che il lavoro di chi fa sicurezza funzioni, è altrettanto fondamentale che anche tutto il sistema che deve consentire di chiudere il cerchio perché venga fatta giustizia sia sano ed efficiente, altrimenti ciò che facciamo ogni giorno in ogni angolo d’Italia è perfettamente inutile. I cittadini guardano alla realtà, e vivono sulla loro pelle gli effetti di ciò che decide e fa chi rappresenta lo Stato. Uno Stato che così non può risultare credibile. Gli appartenenti alle Forze di Polizia svolgono un lavoro difficile, sostengono il peso di responsabilità gigantesche, sono sottoposti a un controllo severissimo, ma nonostante tutto vanno avanti a testa bassa per quattro spiccioli e rispondono al meglio alle grandi pretese che si avanzano nei loro confronti. Ma il sistema nel suo complesso deve dare risposte certe. Oggi siamo tutti sconfitti”.   Così Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, a proposito della notizia che Said Mechaquat, il 27enne che il 23 febbraio ha ucciso con una coltellata alla gola il 33enne Stefano Leo, quella mattina non doveva trovarsi ai Murazzi ma in carcere, a seguito di una condanna a 1 anno e 6 mesi per maltrattamenti e lesioni aggravate ai danni dell’ex compagna. Il giudice aveva negato a Said la sospensione condizionale della pena per alcuni reati commessi in passato, ma alla sentenza, divenuta definitiva, non era stata data esecuzione.

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