Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

7 uomini a mollo – Commedia. Regia di Gilles Lellouche, con Mathieu Amalric, Guillaume Canet, Benoît Poelvoorde e Jean-Hugues Anglade. Sotto i cieli di Grenoble, un gruppo di quarantenni nel pieno di una crisi di mezza età (uno è diviso dalla moglie, un imprenditore cui gli affari non vanno certo bene, un musicista emblema di ogni fallimento), fisici non certo in piena forma, decide di formare la prima squadra di nuoto sincronizzato maschile della piscina che frequentano. Affrontando lo scetticismo e la vergogna di amici e familiari, allenata da una campionessa ormai tramontata e alla ricerca di conferme, il gruppo si imbarca in un’avventura fuori dal comune per riscoprire un po’ della propria autostima e imparare molto su se stessi e sugli altri. Durata 122 minuti. (Centrale V.O., Eliseo Rosso, GreenwichVillage sala 1 e 2)

 

Amici come prima – Commedia. Regia di Christian De Sica, con Massimo Boldi, Christian De Sica e Lunetta Savino. Non è più il classico, vecchio cinepanettone cui per anni ci avevano abituati. I due comici tredici anni fa sembravano essersi detti addio, invece rieccoli inossidabili a reinventarsi un’altra storia. De Sica è un direttore d’albergo che di punto in bianco viene licenziato, troverà una nuova occupazione divenendo in abiti femminili la badante di quel proprietario che gli ha dato il ben servito per passare il tutto in mani cinesi. Quindi una nostrana Mrs Doubtfire, in Brianza. Sotto lo sguardo attento e forse calmante di Brando De Sica, a sorvegliare papà e ritrovato compagno. Durata85 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

La Befana vien di notte – Commedia. Regia di Michele Soavi, con Paola Cortellesi e Stefano Fresi. Di giorno Paola è una maestrina che svolge il proprio ruolo tra le verdi montagne dell’Alpe di Siusi, in un preciso periodo dell’anno, naso più che aquilino, unghioni poco tranquillizzanti e acciacchi immancabili dovuti all’annuale logorio, si trasforma nella vecchietta che a cavallo di una scopa distribuisce doni ai bimbi buoni. Chi gli sta davvero antipatico è quel Babbo Natale che sponsorizza la bevanda più famosa del mondo mentre lei non è mai stata incaricata di sponsorizzare neppure un lassativo. E se un bel giorno venisse rapita da un brutto tipaccio che non vede l’ora di rubarle le letterine che i bambini le hanno inviato? E se sei dei suoi allievi le corressero in aiuto? Tra divertimento e un pizzico di horror. Durata 98 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Ben is back – Drammatico. Regia di Peter Hedges, con Julia Roberts e Lucas Hedges. Ben (Lucas, figlio del regista, magnifica presenza di Manchester by the sea) soffre di gravi problemi di droga, sta tentando la disintossicazione presso un centro di recupero, torna a casa inatteso per le feste di Natale. La madre Holly si accorgerà ben presto del reale stato del suo ragazzo e dovrà fare di tutto perché anche il resto della famiglia non venga coinvolto nel dramma. Durata 98 minuti. (Ambrosio sala 3, Centrale V.O., GreenwichVillage sala 3 anche V.O., The Space, Uci)

 

Bohemian Rhapsody – Commedia musicale. Regia di Bryan Singer, con Rami Malek. La vita e l’arte di uno dei più leggendari idoli musicali di tutti i tempi, Freddie Mercury, leader dei britannici Queen, il rapporto con i genitori di etnia parsi, l’amore (sincero) per la giovane Mary, la trasgressione e l’omosessualità, i vizi privati e il grande successo pubblico, la sregolatezza accompagnata al genio musicale: il ritratto completo di un uomo e della sua musica, sino al concerto tenuto nello stadio di Wembley nel luglio del 1985. Durata133 minuti. (Ambrosio sala 1, Classico, Massaua, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Harpo anche V.O., Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space)

 

Bumblebee – Avventura. Regia di Travis Knight, con Hailee Steinfeld e Pamela Adlon e John Cena. Alla fine degli anni Ottanta, in fuga dal pianeta Cybertron, Bumblebee, simpatico robot, capita in un piccolo centro della California, dove sfigurato e pressoché inutilizzabile viene scoperto da Charlie, circa diciottenne, tuttavia sotto le forme di un bel Maggiolino giallo. A contrastare la loro amicizia ci si metterà persino il governo americano, che ha pensato ad un’alleanza con i cattivi del pianeta, sicuro che l’aliena rappresenti una minaccia per tutti. Durata 114 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci anche 3D)

 

Capri-Revolution – Drammatico. Regia di Mario Martone, con Marianna Fontana, Antonio Folletto e Reinhout Scholten van Aschat. Nel 1914 l’Italia sta per entrare in guerra. Una comune di giovani nordeuropei ha trovato sull’isola di Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell’arte. Ma l’isola ha una sua propria e forte identità, che si incarna in una ragazza, una capraia di nome Lucia. Il film narra l’incontro tra Lucia, la comune guidata da Seybu, un giovane pittore, e il giovane medico socialista del paese. E narra di un’isola unica al mondo, la montagna precipitata nelle acque del Mediterraneo che all’inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque sentisse la spinta dell’utopia e coltivasse ideali di libertà, come i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione. Durata 122 minuti. (Eliseo Blu, Massimo sala 1)

 

Cold War – Drammatico. Regia di Pawel Pawlikowski, con Tomasz Kot, Joanna Kulig e Agata Kulusza. Premio per la miglior regia a Cannes ed ora presentato agli Oscar come miglior film straniero. Girato in bianco e nero, è un omaggio del regista ai suoi genitori. Nella Polonia degli anni Cinquanta, dove la Storia è occupata dal grigiore quotidiano dell’occupazione sovietica, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Viktor, un pianista che segue i provini, nasce un grande amore, ma nel corso di un’esibizione a Berlino est, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. Si incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, con nuovi amori ma essi stessi ancora innamorati l’uno dell’altra. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica. Un film capolavoro, una storia d’amore che andava raccontata esattamente così, il bianco e nero a riempire le giornate e i sentimenti, gli attimi bui a suddividere letterariamente l’intera storia, un’interprete femminile guidata in tutta la sua bravura, capace di essere splendida e allo stesso tempo di divenire insignificante, un regista che concentra in una scena sola pagine e pagine di quel racconto che potresti leggere su di una pagina scritta, annotando ogni particolare, ogni sguardo, ogni sorriso e ogni incertezza, ogni decisione, sotto le luci e le ombre della Polonia e di Parigi. Assolutamente da vedere. Durata 85 minuti. (Eliseo Rosso, Nazionale sala 1)

 

Colette – Biografico. Regia di Wash Westmoreland, con Keira Knightley e Dominic West. Gran successo al recente TFF. Nata e cresciuta in un piccolo centro della campagna francese, Sidonie-Gabrielle Colette (la futura scrittrice di Chéri e di Gigi: sarà lei stessa a imporre a Broadway per quest’ultimo ruolo, portato in palcoscenico, il nome di una pressoché sconosciuta Audrey Hepburn) arriva nella Parigi di fine Ottocento, piena di fermenti non soltanto letterari e artistici, dopo aver sposato Willy, un ambizioso impresario letterario. La donna è attratta da quel mondo così variopinto ed è spinta dal marito a scrivere, reinventando sui personali ricordi il personaggio di Claudine, pubblicandoli in una serie di volumi tutti pubblicati con il nome di Willy. I quattro romanzi, distribuiti lungo le varie età della protagonista, diventano ben presto un fenomeno letterario nonché l’immagine della emancipazione femminile. Mentre cresce insieme alla sua Claudine e afferma la propria personalità nella società del tempo, Colette decide di porre fine al suo matrimonio e inizia una battaglia per rivendicare la proprietà delle sue opere. Tra le pagine dei romanzi, tra le avventure nei letti non soltanto maschili, tra i personaggi storici che prendono posto man mano attorno a lei, tra le sue prove teatrali condite di coraggioso e sfrontato erotismo, nei bellissimi costumi inventati per la vicenda, la Knightley, pur supportata dalla regia eccellente nella descrizione di un’epoca, non sempre riesce a farci “amare” il personaggio, a rendercelo in ogni sua componente, positiva o negativa. Appare con ben altra dimensione Dominic West, eccentrico, infedele, sperperatore, ingannatore della povera consorte, quel Henry Gauthier-Villars che si firmava Willy e metteva alle sue dipendenze, come un negriero, i poveri scrittori più o meno alle prime armi ma pur sempre nella zona buia del suo studio/officina. Durata 111 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

La donna elettrica – Drammatico. Regia di Benedikt Erlingsson, con Halidora Geirharosdottir. Produzione islandese. Protagonista è Halla, direttrice di un coro, ma pure nei momenti di libertà un’arciera infallibile pronta a sabotare le linee elettriche del proprio paese, danneggiando con dei blackout l’intera industria. Ricercata, rimane ben ferma nelle proprie idee di rivolta, una cosa soltanto può fermarla: l’approvazione ad una sua richiesta di adozione. Come potrebbe continuare nella sua lotta personale sapendo che nella lontana Ucraina una bambina l’attende per potersi unire a lei e alla propria vita? Durata 101 minuti. (Massimo sala 3 anche V.O.)

 

Il gioco delle coppie – Commedia. Regia di Olivier Assayas, con Juliette Binoche, Guillaume Canet e Vincent Macaigne. L’editoria di oggi, gli acquisti on line e l’e-book che stanno tentando di cancellare o di affievolire il cartaceo (ah! il piacere della carta, di sfogliare pagina dopo pagina), un editore parigino di successo e uno di quegli scrittori che quel successo l’hanno scritto, la discussione intorno ad un nuovo manoscritto, gli intrecci amorosi, di Selena che è moglie dell’editore e amoreggia con lo scrittore, a sua volta fidanzato con un’assistente di un politico di sinistra. Infine, in questo “girotondo” dei nostri tempi, Laura, la nuova amica dell’editore, assunta con l’incarico di addetta alla transizione al digitale. Le relazioni, quindi, al tempo di internet, con i nuovi mezzi di comunicazione, la scrittura e il suo futuro, la cultura e le differenti maniera di conoscenza: attualissimo. Durata 108 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Lontano da qui – Drammatico. Regia di Sara Colangelo, con Maggie Gyllenhaal, Parkel Sevak e Gael Garcìa Bernal. Riproposta americana, di un originale israeliano firmato da Nadav Lapid, ad opera di una regista di origini italiane. Una maestra di scuola materna, una solitudine in mezzo a tanta gente, un marito e due figli, i giorni che si susseguono ai giorni, l’unico suo interesse sono quelle ore trascorse nella scuola dove nascono componimenti poetici, anche se lei stessa a volte si trova fuori posto, impreparata. Incontra Jimmy, un bambino di cinque anni, che inventa piccoli poemi, semplici e bellissimi, li scrive, li sussurra, li recita tra sé e sé, dapprima Lisa tenta di farli passare come suoi, poi dinanzi a quelle parole che racchiudono il mondo di un bambino tenta di spingere i contrari parenti ad apprezzare quelle doti. Durata 96 minuti. (Massimo sala 2 anche V.O.)

 

Macchine mortali – Fantasy. Regia di Christian Rivers, con Hugo Weaving, Hera Hilmar e Robert Sheenan. Co-sceneggiatore e produttore del film Peter Jackson, l’artefice del Signore degli Anelli, la storia ambientata in un futuro apocalittico dove megalopoli vaganti per il mondo distruggono i piccoli centri, dove la identità della giovane Hester, sfigurata e vendicativa contro chi le ha uccisa la madre, verrà svelata da Tom, dove il nemico da distruggere è Thaddheus Valentine, l’archelogo a capo della Corporazione degli Storici. Ogni avventura mentre Londra si innalza di sette piani e i livelli più bassi sono avvolti dai fumi di scarico dei motori. Avvenierismi e grande tecnologie. Durata 128 minuti. (Uci)

 

Moschettieri del re – Commedia. Regia di Giovanni Veronesi, con Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Margherita Buy e Alessandro Haber. Sono tutti un po’ invecchiati, non tirano più di spada da parecchio tempo, si sono ritirati a vita tranquilla: D’Artagnan s’è ridotto a fare il guardiano ai maiali, Athos vive in un castello tra eccessi erotici e sbornie, Porthos non ci sta più con la testa e Aramis s’è chiuso in convento. Ma è chiaro che se la regina Anna li richiamerà al proprio servizio per sconfiggere una volta per tutte le trame di Mazarino, accorreranno. Durata 109 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Non ci resta che vincere – Commedia. Regia di Javier Fesser, con Javier Gutierrez e Juan Margallo. Marco Montes è allenatore in seconda della squadra di basket professionistica CB Estudiantes. Arrogante e incapace di rispettare le buone maniere viene licenziato per aver litigato con l’allenatore ufficiale durante una partita. In seguito si mette alla guida ubriaco e ha un incidente. Condotto davanti al giudice, è condannato a nove mesi di servizi sociali che consistono nell’allenare la squadra di giocatori disabili “Los Amigos”. L’impatto iniziale non è dei migliori e Marco cerca di scontare la sua condanna con il minimo sforzo convinto di trovarsi di fronte a dei buoni a nulla dai quali non potrà ottenere dei risultati apprezzabili. A poco a poco i rapporti cambieranno. Durata 124 minuti. (Classico)

 

Old man & the gun – Azione. Regia di David Lowery, con Robert Redford, Sissy Spacek, Danny Glover e Casey Affleck. Il film (che Redford ha giurato essere l’ultimo nelle vesti d’attore, volendosi dedicare esclusivamente a dirigere e produrre) è ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Da una temeraria fuga dalla prigione di San Quentin quando aveva già 70 anni fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Tucker disorientò le autorità e conquistò l’opinione pubblica americana. Coinvolti in maniera diversa nella sua fuga, ci sono l’acuto e inflessibile investigatore John Hunt, che gli dà implacabilmente la caccia ma è allo stesso tempo affascinato dalla passione non violenta profusa dal fuorilegge nel suo mestiere e da una donna, Jewel, che lo ama nonostante la sua professione. Durata 90 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Romano sala 2)

 

Il ritorno di Mary Poppins – Commedia. Regia di Rob Marshall, con Emily Blunt, Colin Firth, Angela Lansbury, Dick van Dyke e Meryl Streep. Forse il film più atteso dell’anno, “la ragazza del treno” come protagonista. Al posto di Julie Andrews, tata non più dimenticata da oltre cinquantanni. Nella Londra del 1930 colpita dalla Grande Depressione, ancora la famiglia Banks con il cresciuto Michael, vedovo, a dover badare ai suoi tre marmocchi, con l’aiuto della sorella Jane. In una simile situazione ecco che Mary Poppins deve tornare, anche questa volta a prendersi cura dei ragazzi. Scenografie e costumi come se ne vedono raramente al cinema, coreografie che sono dei piccoli capolavori (sul finale, il balletto dei lampionai, varrebbe il biglietto) e numeri divertenti (i ragazzini risucchiati con la tata appena ritornata nella vasca da bagno), le musiche niente male (bastano due note per farti andare indietro di mezzo secolo) e due o tre canzoni gradevoli: ma questo “ritorno” appare come la copia un po’ sbiadita dell’originale. Marshall, con Chicago e Nine alle spalle avrebbe dovuto essere assai più sfavillante, ma forse il colpevole vero è lo sceneggiatore David Magee che ha preparato uno script che tenta a fatica di correre dietro alla vecchia avventura, con l’espediente della morte della mamma dei ragazzini che vira tutto quanto in area di commozione e molto meno in quella del divertimento; che scopiazza l’arrivo e l’insediamento nella casa della tata, che inventa un salto prodigioso all’interno di una coppa rotta con un lunghissimo intervallo a cartoni animati, che ripete situazioni. Ma che in primo luogo sembra che inventi di tutto (la storiella delle quote bancarie dei Banks che si capisce fin da subito dove se ne stiano nascoste) per tenere il personaggio di Mary Poppins nelle retrovie, per cui la Blunt, pur moderatamente brava, non può prendersi la scena come faceva la Andrews. Si aggiunga il fatto che il lampionaio Lin-Manuel Miranda è per il pubblico di casa nostra è pur sempre un illustre sconosciuto e non ha certo lo humour di un Dick Van Dike (qui in un cameo che ce lo ridà in maniera tutta felice) e vedrete che il “ritorno” zoppica non poco. Durata 130 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Groucho e Harpo, GreenwichVillage sala 1 e sala 2 anche V.O., Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Roma – Drammatico. Regia di Alfonso Cuaròn, con Yalitza Aparicio e Marina de Tavira. Girato in bianco e nero, Leone d’oro quest’anno a Venezia, il titolo ricorda il nome di un sobborgo della periferia di Città del Messico. Siamo agli inizi degli anni Settanta, è la storia di Cleo, domestica al servizio di una famiglia altoborghese. Rimasta incinta e abbandonata dal ragazzo, condivide con la padrona abbandonata dal marito lo stesso dramma. Cuaron descrive le due donne, appartenenti a due classi sociali diverse, e le loro giornate impiegate nell’educazione dei figli, mentre intorno a loro gruppi militari e paramilitari colpiscono giovani studenti, in quello che verrà ricordato come il Massacro del Corpus Domini, nel giugno del ’71. Opera matura di Cuaròn: il ritmo a tratti (specialmente nella mezz’ora iniziale) troppo lento non impedisce affatto allo spettatore di appassionarsi alle giornate di Cleo, al suo amore per i figli della padrona (in un brano che è un piccolo capolavoro arriverà a salvarne due dalle alte onde del mare), alla fiducia in un ragazzo che l’abbandona su due piedi, alla gravidanza e alle visite in ospedale, a quanto le succede intorno (mentre va in un negozio per comprare la culla alla sua bambina che nascerà morta, assiste dall’alto ai disordini tra studenti e polizia, altro bellissimo momento, raccontato da Cuaròn con una “pietas” davvero indimenticabile. Il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) ha designato “Roma” “Film della Critica” con la seguente motivazione: “Con una sontuosa e sensibile messa in scena, resa ancor più efficace dall’uso di un nitido bianco e nero decolorizzato, Alfonso Cuaròn ci guida nella sua epica di ricordi personali, dove i suoi e i nostri occhi sono quelli di una piccola grande donna, vera testimone della formazione esistenziale del regista ma anche della vita di un paese alle prese coi turbolenti travagli di un’epoca”. Durata 135 minuti. (Ambrosio sala 2)

 

Santiago, Italia – Documentario. Regia di Nanni Moretti. Film di chiusura del TFF, l’autore di Habemus Papam” e di “Mia madre”, attraverso materiali documentaristici e le parole dei protagonisti, descrive i giorni che seguirono alla presa di potere di Pinochet nel Cile del 1973 e soprattutto il peso che la nostra ambasciata a Santiago ebbe nel dare rifugio alle centinaia di perseguitati politici alla ricerca di un rifugio sicuro. Durata 80 minuti. (Romano sala 1)

 

Il testimone invisibile – Thriller. Regia di Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato. Adriano Doria, un giovane imprenditore di successo, viene colpito alla testa in una camera d’albergo chiusa dall’interno e si ritrova accanto il corpo senza vita della sua amante, l’affascinante fotografa Laura. Viene accusato di omicidio ma si proclama innocente. Per difendersi, incarica la penalista Virginia Ferrara, famosa per non aver mai perso una causa. L’emergere di un testimone chiave e l’imminente interrogatorio che potrebbe condannarlo definitivamente, costringono cliente e avvocato a preparare in sole tre ore la strategia di difesa e a cercare la prova dell’innocenza. Spalle al muro, Adriano sarà costretto a raccontare tutta la verità. Bell’esempio di giallo d’ambiente italiano, girato tra la Milano da bere e i boschi del Trentino, serrato, inatteso, con una sceneggiatura attenta ad ogni giravolta della vicenda, con il protagonista Scamarcio che non sfigura e un Bentivoglio che è tutto da applaudire nel suo personaggio di padre dolente che nel corso delle ricerche ha capito tutto. Durata 102 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Reposi)

 

Un piccolo favore – Thriller. Regia di Paul Feig, con Blake Lively e Anna Kendrick. Due madri, Stephanie, madre single e vedova, incontra un giorno Emily, la madre di un amichetto di suo figlio, bella e assai sicura di sé, un marito con cui condividere le giornate. Un giorno Emily chiede a Stephanie di prendersi cura per poche ore di suo figlio e sparisce. Emily comincia a indagare sulla donna, sulla madre, sull’amica. Ne nasce una ricerca basata su menzogne, su cose non dette, su un’esistenza sconosciuta. Film che andrebbe benissimo per una sera televisiva, sconcertante nella recitazione della Kendrick, con una sceneggiatura fatta di azioni e di meccanismi già visti cento volte, di quelli che ti aspetti fin dal primo quarti d’ora. Abbandonare subiti se mai ce l’aveste in elenco tra i film da vedere. Dal romanzo di Darcey Bell. Durata 116 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Widows – Eredità criminale – Thriller. Regia di Steve McQueen, con Viola Davis, Liam Neeson, Cynthia Erivo, Colin Farrell, Robert Duvall e Michelle Rodriguez. Veronica Rawlins è sposata con Harry che muore durante un colpo compiuto ai danni del gangster Jamal Manning, pronto a entrare in politica. Il colpo di Harry finisce non solo in una strage in cui muore tutta la sua banda ma pure in un incendio che brucia tutto quanto il denaro, tanto che Jamal decide di chiedere un risarcimento a Veronica, cui Harry tra l’altro ha lasciato una ricca cassetta di sicurezza in cui è nascosto il suo quadernetto d’appunti con le note per il prossimo colpo. Veronica decide di realizzare quella rapina e cerca di convincere le altre vedove a essere sue complici. Durata 129 minuti. (Classico)

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