Multiutility a confronto. Il caso di Iren e Egea

Nello scorso anno ci siamo occupati con attenzione e speranza di aziende che hanno riaperto i battenti e in questo modo hanno assicurato nuova occupazione così come di vendita di pacchetti azionari

Mai, come in tempo di crisi, si deve guardare in modo equilibrato a nuove operazioni di acquisto e vendita. Il caso della cessione, da parte del Comune di Torino, di 33 milioni di azioni della sua partecipata Iren che fornisce energia elettrica, non solo alla città, desta preoccupazioni.

Ovviamente non solo alla minoranza comunale che ha presentato una doverosa interpellanza, attraverso il suo capogruppo Stefano Lo Russo, ma all’intera cittadinanza e a chi vede in operazioni frettolose la mancanza di lungimiranza. In altre parole, quello che preoccupa è il come e il quando, in buona sostanza: i tempi! Si sa da tempo che le casse della città torinese sono disastrate, ma svendere può servire solo a far cassa (ma poca), mentre bisognerebbe, per problemi nuovi proporre soluzioni nuove e fare ricorso alla creatività che non vuol dire ingegneria finanziaria che tanti guasti ha provocato. Nemmeno crediamo allo slogan dell’analisi costi/benefici dietro cui ci si trincera per non fare e che non vuol dire nulla. Se si fosse pensato così, non si sarebbe avviata in Italia la costruzione dell’Autostrada del Sole, ma tante altre opere sarebbero ancora da realizzare. Se in Provincia Granda non si è realizzata l’autostrada quando tutto era più facile fu perché qualcuno dall’idee strampalate sosteneva che l’isolazionismo era meglio! Quello che manca oggi per la città e per il Piemonte, per restare solo alla nostra regione, è la visione del futuro. Torniamo al caso della Multiutility Iren. Molte società nascono a Torino, ma dalla capitale subalpina vanno via. Nel caso dell’Azienda Municipalizzata dell’energia (AEM) essa è confluita in Iren da molto tempo, così come hanno fatto i Comuni di Genova, Reggio Emilia ed altri partner. L’unico comune a volerne ridurre la sua partecipazione è Torino. A parte, la scelta dei tempi, un rapporto pubblico privato può non esser deprecabile e guardarsi attorno per ricercare soluzioni intelligenti, potrebbe non essere male a partire da quella di cercare il modo di far restare le quote azionarie alla città di Torino. Si parla in continuazione di esportare idee lungimiranti, della trasferibilità di soluzioni efficaci, già realizzate e non ci si guarda attorno. In Piemonte, per esempio, nelle Langhe, un’idea di rapporto pubblico/privato, nello stesso settore di Iren è stata avviata da tempo e si chiama Gruppo Egea in cui convergono (Banche, Comuni e privati) e il rapporto fra la parte pubblica e quella privata è regolato in modo efficace e il coinvolgimento di due importanti Fondazioni come CRT e Intesa Sanpaolo potrebbe essere opportuno. A ben guardare anche nella nuova gestione del Salone del Libro si sta scegliendo la stessa strada con regole precise su compiti della parte pubblica e privata. Preoccupa le minoranze la decisione dell’amministrazione comunale di vendere e soprattutto perché immettere sul mercato un così considerevole numero di azioni equivale ad affidare alla parte privata la maggioranza della società.

In quest’ottica, il Partito Democratico attraverso il suo capogruppo Stefano Lo Russo ha depositato un’interpellanza al consiglio comunale a cui aderiranno anche il capogruppo dei Moderati Silvio Magliano e per Forza Italia Osvaldo Napoli. Se da un lato, la (s)vendita del pacchetto azionario detenuto in Iren non risolleverà le sorti delle casse cittadine, la domanda che ci si dovrebbe porre è come far crescere la partecipata con un progetto che sia non solo di cassa. Lamentarsi che la quota della città di Genova potrebbe aumentare e che si perderebbe influenza e rappresentanza in seno ad Iren può non essere la sola domanda giusta! Ritorcere alla sindaca Chiara Appendino lo slogan del Movimento 5* del rapporto costi/benefici è una delle domande da farle assieme a quella sulle minusvalenze per le Casse Comunali, a chi giova e al ruolo di Torino.

Chiudiamo con il raffronto con la Multiutility delle Langhe e al suo poderoso programma di attività e investimenti in tutti i versanti, dall’energia, alla cogenerazione, al teleriscaldamento, a quello delle acque, allo smaltimento dei rifiuti ed altro ancora; dove il rapporto pubblico privato tiene e la parte pubblica (Alba) con un bilancio non disastrato come quello di Torino non si sognerebbe mai di cedere parte delle sue quote detenute in Egea.

 

Tommaso Lo Russo

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