L’Ottocento e il Novecento, “scorci di Torino”

Nelle sale della Galleria Aversa, in via Cavour 13

vellan-aversaFrammenti, sguardi, ricordi lontani che attraversano una intera città. “Scorci di Torino” è il nucleo della mostra che la Galleria Aversa presenta, sino ad inizio novembre, nei suoi locali di Palazzo Luserna – Rorengo di Rorà, in via Cavour 13, giardini, palazzi, periferie, le ampie piazze e i mercati, il susseguirsi di angoli più o meno conosciuti, gli anfratti del fiume, una mostra che si dilata più ampiamente nelle “altre opere fra ‘800 e ‘900”, per un complessivo di una trentina di opere (catalogo in mostra), offrendo immagini di mare o di altipiani, di villaggi montani o di paesi lontani. Acquerelli, tempere, oli – non mancano le sculture con il nervoso gruppo in bronzo dei “Contadini” aversa-lomidi Bistolfi posto a confronto con la figura femminile di Carlo Bonomi o la moderna danzatrice di Francesco Messina del 1980 – che rimandano per molti esempi a note impressionistiche come a squarci immersi in dense pennellate di colore nella descrizione di una umile vita quotidiana. Spiccano all’inizio le leggere geometrie di Giuseppe Canella che offre uno sguardo tra Gran Madre e Cappuccini, i Giardini Reali colpiti da una calda, rassicurante luce nell’opera di Marco Calderini del 1890 e immaginati da Lorenzo Delleani quasi a nascondere, grandi masse alberate, sedici anni dopo le architetture di Palazzo Reale, le atmosfere diverse che attraversano nelle visioni di aversa-delleaniGiovanni Lomi e Leonardo Roda l’ampio spazio di Porta Palazzo, il chiarore che inonda Superga complice la neve di Cesare Maggi, sino alle indecifrabili linee di Spazzapan che vivacizzano il “Canale Michelotti” del 1934 o il paesaggio innevato di Felice Vellan che circonda il “Traghetto di Millefonti” (1923), sino ad un’epoca assai più recente con i “Panni stesi in Bertolla” di Mario Lisa. Non dimenticando le due minuscole dame che nella tela di Calderini (fu allievo del Fontanesi) del 1872, in un capolavoro di luci e di studiatissime ombre, attraversano “Il giardino dei Ripari”, ovvero quel luogo fatto di collinette e sentieri, datato 1834 e destinato ad offrire una tranquilla e verdeggiante zona per il passeggio delle signore torinesi, tra fontane e caffè, nato dopo l’abbattimento delle mura in età napoleonica e oggi da identificarsi con la zona che nel centro della città occupa i giardini Cavour e l’aiuola Balbo, sino a spingersi sino a piazza Maria Teresa. Al di là degli scorci torinesi, Lidio Aimone inonda di sole un romantico “Golfoaversa-lupo del Tigullio” (1912), Carlo Bossoli fotografa con tecnica perfetta “Il castello di Alcazar, a Segovia”, ancora Lorenzo Delleani ricostruisce in una tavola del 1899, tra personaggi e animali, l’aia di un casolare in un vivace villaggio ai piedi delle montagne, mentre Alessandro Lupo ci rende uno splendido esempio dei suoi mercati e Mario Lisa immerge nelle prime ombre della sera le case silenziose di Verrand lasciando che i raggi del sole ancora prepotenti colpiscano le cime del Monte Bianco (1948). Al 1896, altro piccolo capolavoro che colpisce l’attenzione di chi visita la mostra, risale “Cortile arabo”, conosciuto anche per il titolo “Fumatori di narghilè”, di Riccardo Pellegrini, artista formatosi nella Milano del Romanticismo che a lungo viaggiò in Francia, in Spagna o nei paesi mediterranei, pronto a catturare scene come quella che vediamo, gli uomini chiusi nelle loro tipiche vesti, la tranquilla siesta dei cani, il balcone chiuso, le pareti dipinte, resa ogni cosa con raffinatezza e preciso studio, un’immagine non chiusa semplicemente nel ricordo, ma vivace, immediata, personalissima.

 

Elio Rabbione

 

 

Le immagini, a partire dall’alto: 

Felice Vellan, “Torino, il Traghetto di Millefonti”, olio su tela, 1923

Giovanni Lomi, “Torino, Porta Palazzo”, olio su tavoletta

Lorenzo Delleani, “Casa di villaggio”, olio su tavola, 1899

Alessandro Lupo, “Giorno di mercato”, olio su cartone

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