“L’Officina sull’Ural” e l’incontro con la buonanima della Panova

Se quella sera non fossimo capitati nella sezione del PCI di S.Anna, a Pallanza, probabilmente non avremmo mai avuto modo di incontrare  Vera Fyodorovna Panova, scrittrice russa. A dire il vero non fu proprio una conoscenza diretta in quanto la signora Panova era morta tre anni prima a Leningrado. Con l’autrice de “L’officina sull’Ural”, tradotto in italiano e pubblicano da Einaudi  nella collana “Piccola biblioteca scientifico-letteraria” della casa editrice dello Struzzo –  nel 1949, l’approccio non fu dei più facili. Non per il contenuto del libro, che narrava le storie di alcuni operai impiegati presso fabbriche costruite ai piedi degli Urali,e nemmeno per lo “spessore” del volume di 431 pagine.  A rendere piuttosto complicato l’impatto fu il numero delle copie. Erano tante, tantissime., frutto di una donazione di un libraio destinata ad arricchire , con un tocco di cultura che non guastava mai, il piccolo banco di beneficenza della  locale Festa de L’Unità.  Stavano lì, in un angolo, stipate in cinque grandi scatoloni. Evidentemente la compagna Panova ( tre volte insignita del Premio Stalin – nel 1946, ’47 e ’49 – attribuito annualmente a personalità che avessero contribuito ad importanti avanzamenti nei campi della scienza e delle  arti) , seppur a sua insaputa, stava per fare il “botto” in riva al lago Maggiore, “occupando” il banco dei premi con ben 250 ( duecentocinquanta…) copie del suo libro. In sezione avremmo dovuto, noi ragazzi della gioventù comunista ( si era nel 1976, al culmine del “biennio rosso” elettorale che aveva riservato grandi soddisfazioni al partito di Berlinguer) affrontare il tema  della nostra  partecipazione alla Festa de L’Unità. Pensavamo ad una piccola mostra con pannelli sul Cile, dove il golpista Pinochet era al potere dopo aver soffocato nel sangue il governo di Unidad Popular, e sul Portogallo, dove – viceversa – le sinistre erano al governo, dopo aver vinto le prime  elezioni libere. Era, quest’ultimo, il frutto democratico della “Revolução dos Cravos”, la rivoluzione dei Garofani, attuata dall’ala progressista delle Forze Armate portoghesi che pose fine al lungo regime autoritario  di António Salazar. In più, pensavamo a come farci conoscere, raccogliere nuove energie. Invece, fummo “reclutati” per un lavoro di manovalanza che, stando a quanto disse Marino Parnassi, il leader locale del Pci, “rientrava nei momenti formativi”. In pratica ci venne affidato il compito di avvolgere le copie, una per una, in bustine di plastica protettive, etichettandole con i numeri progressivi. “ E alla fine, come ricompensa, potrete tenervi una copia del libro a testa”, disse Marino, dando la sensazione che si trattasse di un grande privilegio, una concessione davvero generosa. Sarà stato per la soggezione che incutevano i compagni più adulti, accompagnata da quel senso di disciplina che a quei tempi s’avvertiva come elemento imprescindibile della militanza, fatto sta che in poco più di tre ore imballammo tutte le copie. A quel punto, scoccata la mezzanotte, piuttosto provati, lasciammo perdere progetti e discussioni, rimandandole ad un’altra riunione. L’unica decisione che ci sentimmo di  condividere fu quella di individuare una sede alternativa per il nostro, successivo incontro. Dalle frasi che udimmo, ci parve di cogliere un altro, concreto pericolo. Tarcisio Polla, che di Marino era il braccio destro, aveva fatto cenno ad una nuova “donazione” , consistente in un certo numero di copie di “Essi combatterono per la patria “(Oni sražalis’ za rodinu) romanzo incompiuto del premio Nobel per la letteratura Michail Aleksandrovič Šolochov, nel quale si raccontava della grande guerra patriottica per la liberazione dell’URSS dall’occupazione nazista. Quante copie? Tante quanto quelle della compagna Vera Fyodorovna Panova ? Nel dubbio, la scelta di riunirci altrove e comunque lontano da quella sezione, ci apparve come un’ottima idea. La miglior idea di tutta la serata.

 

Marco Travaglini

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