Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

Mogna, un medico esemplare –  L’avanspettacolo torinese che finì con l’”autunno caldo” – Il nuovo libro di Piero Fassino – Beppe Fassino, il liberale vecchio Piemonte – L’oratore e patriota Carlo Delcroix

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Mogna, un medico esemplare

A Moretta, ridente e ricco comune agricolo della Provincia Granda tra Saluzzo e Cavour, hanno dedicato la via Pallieri (dove abitò) al dottor Giuseppe Mogna, medico chirurgo e ufficiale sanitario per una vita. Cose che avvengono solo più nei piccoli paesi dove il ricordo delle persone rimane inalterato e chi ha ben operato per la comunità non viene dimenticato. Ho conosciuto e frequentato il dottore che era molto amico di mio padre, a tal punto che spesso viaggiavano insieme. Negli ultimi anni veniva d’estate con la mia famiglia a Bordighera alla linda pensione “Svizzera” gestita da piemontesi trapiantati in Liguria. Ad oltre 90 anni fece partorire una giovane donna, in mancanza dell’ostetrica che era rimasta bloccata a casa. Ne scrisse anche “La Stampa”. Era un uomo dell’Ottocento, medico colto che, anche a tanti anni di distanza dagli studi nel liceo classico di Saluzzo, ricordava perfettamente il latino e il greco, apprezzava la pittura e l’arte in generale. Magrissimo, amava anche la buona tavola e ricordo i pranzi alla “Corona grossa” e alla “Luna” di Saluzzo e a Moretta all’”Italia” dal mitico Remigio Calandri che meriterebbe di essere ricordato. Era sposato con una farmacista ,una donna speciale che a cinquant’anni coronò il sogno della sua vita, vinse la farmacia a Casteldefino in montagna ed affrontò una vita di disagi. Questa signora amava produrre liquori, in particolare il cynar. Era sempre gentile. Un volta lo offrì a mio madre che, non riuscendolo a bere, cercò di liberarsi del liquido versandolo nel vaso di una pianta della casa. La dottoressa si accorse di quel gesto davvero poco gentile e subentrò il gelo che si protrasse per anni. Il dottor Mogna si limitò a dire che capiva mio padre meglio di ogni altro, senza aggiungere altro. Era venerato nel paese. Tutti si rivolgevano a lui per un consiglio, una parola, aveva fatto nascere più generazioni. Mi regalò il suo elmetto da ufficiale nella Grande Guerra che conservo gelosamente. Un gesto d’affetto per un giovane che amava la storia com’ero io. Mi disse che era partito volontario e che non si pentiva di quella scelta perché <<dovevamo completare il Risorgimento iniziato dalla generazione di suo nonno>>. Quando venne con noi in Egitto, aggregato al gruppo del Collegio San Giuseppe di Torino di cui ero allievo, fu lui che mi consigliò -dovendo scegliere – di andare ad El Alamein a rendere omaggio ai 5000 caduti sepolti nel sacrario voluto da Paolo Caccia Dominioni, e non a Luxor. Fummo in pochi a scegliere il sacrario che in quegli anni nessuno conosceva perché della “Folgore” nessuno voleva parlare. Se io mi dedicai allo studio della storia ,lo debbo anche a lui che mi mise sulla buona strada. Uomo semplice, di poche parole, ma quando parlava valeva sempre la pena ascoltarlo.

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L’avanspettacolo torinese che finì con l’”autunno caldo”

Mario Ferrero incarnò più di ogni altro l’avanspettacolo torinese, cioè la rivista che precedeva la proiezione di un film. Iniziò al “Romano” con l’impresa Ventavoli, poi si spostò al “Maffei” e infine all’”Alcione”, a Porta Palazzo. C’erano lui, una spalla (ricordo il grande Carlo Rizzo che partecipò spesso a tanti spettacoli di operetta),una soubrette (rammento con piacere la bellissima Rosy Zampi al secolo Zampini) e 12 gambe 12,cioè 6 ballerine. A volte c’era anche un/a cantante, Nella Colombo partecipava spesso. Al “Maffei” tentarono anche uno spogliarello molto pudico a metà degli Anni 60. A tenere su lo spettacolo erano Mario Ferrero, la sua mimica, le sue battute in piemontese (il muscolo del braccio era il “marciapé” e la fetta di gorgonzola una “slepa ‘d gurgu”). Faceva spesso la parte del metalmeccanico della Fiat, indossando la tuta blu,ma certo non era un operaio sindacalizzato, ma spiritoso e bonario che manifestava il suo disagio di torinese con frasi di buon senso e qualche lamentazione bonaria e scherzosa. Una sorta di Gianduia in tuta. L’autunno caldo era lontano. Molti immigrati meridionali andavano a vederlo e alla fine della spettacolo i suoi affezionati spettatori lo acclamavano : Maiu! Maiu! Si passava un’ora e mezza di allegria spensierata. Non mi vergogno di dire che, ragazzo, andavo a sentirlo al “Maffei” e persino all’”Alcione”. Una Torino semplice che univa torinesi vecchi e nuovi in nome del buonumore. Come sarebbe utile in questa Torino livida e incapace di sorridere un Mario Ferrero! L’”autunno caldo” del ‘69 decretò la fine di questa teatro popolare.

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Il nuovo libro di Piero Fassino

PD davvero è il nuovo libro di Piero Fassino ,pubblicato dalla “Nave di Teseo”. Il libro parla del suo partito e dei problemi che l’ attanagliano e che l’ultimo segretario DS, socio fondatore del PD ,cerca di contribuire a dipanare. Il libro ha tuttavia ambizioni molto più grandi e merita di essere letto per i temi di ampio respiro che affronta e che rivelano come Fassino ,prima di essere un politico, sia un intellettuale a pieno titolo. Analizzando il Novecento ,lo definisce secolo in cui la sinistra è stata egemone <<comprese le tragedie>>.Questa egemonia Fassino la considera finita e il passaggio di secolo obbliga a misurarsi con sfide nuove senza ricorrere pigramente alla <<cassetta degli attrezzi ideologici del Novecento>>. Le scorie radioattive delle ideologie non hanno lasciato segno nel pensiero di Piero. Le culture storiche del secolo scorso, secondo lui, sono spiazzate perché c’è stata la fine del rapporto politica-cittadini instaurato in passato. C’è, secondo l’autore, un disagio, una solitudine, un sentimento di esclusione, un impoverimento generalizzato che creano ansia. <<L’urlo lacera l’aria-scrive Fassino- poi torna il silenzio>> e c’è chi intende cavalcare il malessere . Parlando di immigrazione, egli evidenzia com’essa generi d’istinto paura per gente straniera diversa da noi. Siamo anni luce dalla demagogia dei migranti visti come risorse. Bisogna pensare – afferma l’autore – ad un’accoglienza sostenibile e diffusa che non generi il rigetto. Ma Fassino evidenzia anche che occorre <<la disponibilità a lasciarsi integrare>>,ponendo un problema che appare di difficile soluzione non solo per l’elemento religioso islamico. E’ un libro,ripeto, che val la pena di leggere. Se la sinistra desse retta a Fassino, sarebbe davvero diversa.

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Beppe Fassino, il liberale vecchio Piemonte

Veniva confuso con Piero Fassino, anche se Giuseppe Fassino era senatore quando Fassino ricopriva incarichi minori nel Pci torinese. Beppe Fassino era un liberale piemontese, un seguace di Einaudi e di Soleri, nato a Busca e noto anche come professore che gestiva gli storici istituti scolastici Fassino, concepiti ,come si diceva un tempo un po’ maliziosamente ,più per gli “asinelli” svogliati che per gli allievi normali. Consigliere comunale nella sua Busca per decenni, segretario del Partito liberale cuneese, consigliere regionale eletto nel 1970 e nel 1975, fu uno dei padri costituenti della Regione Piemonte. Senatore liberale dal 1979 al 1992, fu Sottosegretario alla Pubblica Istruzione e alla Difesa. Fu anche componente nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Mentre altri liberali sciolsero il PLI nel 1993 in maniera ingloriosa per ottenere un seggio parlamentare dalla destra e/o dalla sinistra, Fassino si ritirò a vita privata, diventando dirigente del Centro “Pannunzio” e presidente del Conservatorio di Torino. Si distinse da quell’arcipelago finto- liberale cuneese  che non brillò mai per stile ,ma  solo per cupidigia di potere. Io con  certi  personaggi  cuneesi  mi accorsi che era impossibile andare d’accordo. Erano degli scettici blu, a voler essere eleganti. Fassino tento’ un chiarimento, offrendo a tutti uno splendido pranzo a Centallo al quale mi presentai accompagnato da un avvocato. Si mangiò e si bevve, ma non si parlo ‘ dei problemi legati alla rottura dei rapporti. Fassino alla fine invito ‘ a stringerci tutti la mano e a brindare , passando sopra al passato. Erano dissensi insuperabili  perché il dissenso si era trasformato in disprezzo ,almeno da parte mia. Infatti  , il giorno successivo la morte di Fassino ,gli  scettici blu cuneesi  si esibirono in un volgare e inqualificabile attacco personale nei miei confronti. L’Eccellenza Fassino-come era chiamato nel Cuneese – era un vero liberale che veniva da lontano e non un parvenu improvvisato. Era del livello morale di Vittorio Badini Confalonieri  che fu escluso dal Parlamento dalle cordate clientelari che si erano impossessate del partito liberale a metà degli Anni 70. Mancato cinque anni fa all’età di 88 anni, il 23 novembre alle ore 17 verrà ricordato a Torino a Palazzo Cisterna in via Maria Vittoria 12.

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L’oratore e patriota Carlo Delcroix

A Roma oggi ricordo Carlo Delcroix a cent’anni dal suo sacrificio durante la Grande Guerra e a 40 anni dalla morte. Il mio amico Domenico Giglio ,presidente del prestigioso Circolo “Rex” ,una delle più vecchie associazioni politico-culturali di Roma, nata nel ’44,mi ha invitato a ricordare il grande oratore che fece appassionare le piazze d’Italia. Cieco e senza mani ,in seguito al suo spirito di sacrificio che nella prima guerra mondiale lo portò a bonificare da solo un campo minato nel 1917,Delcroix con le ferite non ancora guarite iniziò come Fulcieri Paulucci de Calboli, altro grande invalido, i suoi discorsi appassionati ai soldati delle trincee per esortarli alla resistenza sul Piave. Amico di mio nonno al fronte, ebbi il piacere di ascoltare più volte i suoi discorsi. Nessun oratore della storia italiana del Novecento ebbe la sua efficacia appassionata e suggestiva. Il mio compagno di scuola Giovanni Minoli , quando lo sentì casualmente in piazza San Carlo, mi disse che era un uomo eccezionale, indimenticabile. Ed era proprio così.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

CHIAMPA E LAUS: GIOCHI D’AZZARDO
Cosa ne pensa dello scontro istituzionale tra il presidente Chiamparino e il presidente del Consiglio regionale Laus sulle macchinette da gioco ? Mi sembra inaudito.
                                                                             Cristina Vecchio

E’ davvero inaudito perché Chiampa , come lo definivano un tempo, è ammalato di protagonismo e pretendendo che il Consiglio regionale si uniformi ai suoi ordini, sia pure per una causa meritevole come la lotta al gioco d’azzardo, stravolge il senso del rapporto istituzionale tra Giunta e Consiglio Regionale. Il Piemonte non è una repubblica presidenziale e le ragioni dell’assemblea legislativa regionale vanno oltre quelle del presidente della giunta. E’ lo stesso delirio di onnipotenza di quand’era sindaco ed ha accumulato un deficit pauroso alla Città senza che nessuno del suo partito abbia il coraggio di rinfacciarglielo. Fassino si è trovato a fronteggiare il baratro finanziario che aveva ereditato, senza riuscire a colmarlo.
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LUCI E OMBRE
Ho visto che piazza San Carlo, pur riproponendo luci d’artista che rendono più buia la piazza, quest’anno ha delle luci in più .Ricordo che lo scorso anno Lei sollevò il problema delle luci d’artista inadeguate .                  Sveva  Vincenti

Anch’io sono rimasto sorpreso favorevolmente dalle luci in più . A Natale ci vogliono tante luci per rendere allegro il clima natalizio, ma le luci in più occorrono anche tutto l’anno per la sicurezza. Quelle luci d’artista saranno anche suggestive, ma sono assolutamente inadatte ,persino inquietanti. Ovviamente non bastano le luci a rendere sereno e piacevole il Natale, sarebbe necessaria una luce ,anche piccola , se ci accendesse dentro di noi.
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