La Torino “bianca” della magia, tra la Gran Madre e il cancello di Palazzo Reale

“Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.” (Matteo 26:27-28)

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Ai piedi della collina torinese, in borgo Po,  a poca distanza dal fiume e proprio davanti alla piazza Vittorio Veneto, sorge la  neoclassica chiesa  della Gran Madre di Dio. Sulla sua scalinata, quando scende la sera e – in autunno, con le foglie ad ingiallire i viali – sale quella nebbiolina che ovatta ogni cosa, si fa più acuta la sensazione di trovarsi in uno dei luoghi magici di Torino. Una percezione d’arcano, di soprannaturale che, a poco a poco, diventa quasi palpabile. Commissionata nel 1814 dal Consiglio dei Decurioni, nei fatti l’antenato del moderno consiglio comunale, allo scopo di celebrare il ritorno di Vittorio Emanuele I di Savoia dopo la sconfitta di Napoleone, la chiesa porta sul frontone l’epigrafe latina “Ordo Populusque Taurinus Ob Adventum Regis”, ovvero “la nobiltà e il popolo di Torino per il ritorno del re”. Se c’è un luogo che, tra i tanti di Torino, richiama la “magia bianca”, madre-dragoquesta chiesa lo rappresenta pienamente, a partire dalle due statue poste all’entrata che , richiamando la Fede e la Religione, mostrerebbero il luogo dove è sepolto il Sacro Graal, il calice da cui Gesù bevve durante l’ultima cena con gli apostoli. Una delle due statue, infatti, regge una coppa, che rappresenterebbe il sacro calice, mentre l’altra con lo sguardo rivolto lontano indicherebbe il cammino da seguire per ritrovarlo. Uno studio condotto dal Politecnico di Torino sostiene che lo sguardo della statua indicherebbe il Palazzo di Città dove, prendendo per buona l’inetra storia, sarebbe stato sepolto il Graal; viceversa, alcuni esoterici sostengono che la coppa da cui il figlio di Dio avrebbero bevuto, starebbe proprio lì, in quel punto esatto,collocata tra le due statue. Ovviamente, essendo un mistero, non v’è certezza alcuna. Il “cuore bianco” della città, parrebbe però localizzato tra la piazzetta Reale e i giardini, in particolare attorno alla fontana dei Tritoni. Siamo nell’area adiacente alla centralissima Piazza Castello, da cui si irradiano le principali arterie del centro storico, da via Po a via Roma,  da via Garibaldi a via Pietro Micca. L’influenza positiva dei luoghi dove sono custodite preziose reliquie, prima fra tutti la Basilica Cattedrale di San Giovanni Battista, cioè il Duomo di Torino, dov’è conservata da quattro secoli la Santa Sindone, offre una garanzia alla città che si trova ad una delle estremità di entrambi i triangoli magici e, nel caso, di quello “bianco”, condividendone le sorti con Lione e Praga. Per la Sindone occorrerebbe un discorso a  parte. Alcuni esoteristi sostengono che essa “racchiude in sé i quattro elementi che compongono l’Universo: Terra, Fuoco, Aria e Acqua. E’ nata dalla Terra come un fiore di lino, è stata tessuta dall’uomo, ha viaggiato attraverso l’Acqua, attraverso l’Aria, ossia il tempo, mentre il Fuoco è Cristo medesimo, è la luce, la conoscenza”. Niente e nessuno può distruggerla, a partire da quel fuoco che ne ha più volte minacciata l’integrità. Del resto è sempre in voga la leggenda secondo la quale chi possiede una reliquia del Cristo, di conseguenza, e possiede tutte, sostenendo – ad esempio, nel nostro caso – come i sotterranei della Basilica di Maria Ausiliatrice custodiscano una croce fatta con lo stesso legno di quella su cui Gesù fu crocifisso. Tornando al “cuore bianco”, nella parte recintata dei giardini reali, si trova una bianca, marmorea vasca con al centro la Fontana di Nereide e i Tritoni, più semplicemente conosciuta come “Fontana dei Tritoni”. L’opera raffigura una ninfa marina circondata, appunto, da tritoni che, nella mitologia, sono i figli del dio Poseidone. Siamo sul confine tra la città bianca e quella nera: il cancello del palazzo Reale, con le due stature dei Dioscuri, Castore e Polluce.

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E’ qui che si trova l’immaginaria linea di demarcazione tra la Torino sacra e  quella diabolica,  tra la zona est da quella ovest, tra la parte della luce dalla quella delle tenebre. Per restare nei dintorni di piazza Castello, ci sono altri tre motivi che accrescono l’energia positiva e magica di Torino: il Museo Egizio, la fontana di piazza Solferino e le grotte alchemiche che si troverebbero sotto Palazzo Madama, dove si dice che i Savoia proteggessero chi, usando al pietra filosofale, praticasse antica arte che si proponeva la trasformazione dei metalli in oro, come Cagliostro e Nostradamus. Il Museo Egizio di via Accademia delle Scienze, ospiterebbe invece dei reperti in grado di sprigionare “una carica positiva di grande forza”. Tra questi si segnerebbero quelli che riguardano e raffigurano il faraone Thutmosi III, maestro nelle discipline esoteriche che regnava in Egitto proprio quando la città di Augusta Taurinorum venne fondata. Oggetti dotati di energia positiva e benefica, dunque, necessari a contrastare la nefasta presenza di tutto ciò che riguarderebbe Tutankhamon, il faraone bambino (di cui è esposto un solo reperto, la celebre scultura, proveniente da Tebe, che lo rappresenta al fianco del dio Amon, mentre altri giacciono nei sotterranei del museo). Stesso madre-2discorso per la piccola testa mummificata del malefico Seth, fratello e assassino di Osiride, anch’essa intrisa di energia negativa. Il più importante e antico museo egizio del mondo, dopo che quello del Cairo è stato selvaggiamente saccheggiato,  offrirebbe così alla città che lo ospita un enorme campo energetico positivo. Ci si sposta un po’, nemmeno troppo distante, ed ecco un altro simbolo esoterico tra i più noti: la Fontana Angelica di Piazza Solferino, d’ispirazione massonica. Nella fontana si trovano raffigurate due figure femminili che rappresentano allegoricamente la Primavera e l’Estate e due figure maschili, l’Autunno e l’Inverno. L’Inverno volge lo sguardo verso oriente, dove sorge il sole, simbolo di energia positiva. L’acqua versata dalle otri (che rappresentano i segni zodiacali dell’Acquario e dell’Ariete) rappresenterebbe invece la conoscenza data agli uomini , con una marcata, evidente, simbologia positivista. La Torino “bianca” non esaurisce qui i suoi “luoghi d’elezione” se pensiamo che lo stesso simbolo della città, la Mole Antonelliana, non sarebbe altro che una gigantesca antenna in grado d’irradiare energia positiva sulla città dei quattro fiumi. Nell’elenco non sfigurano certamente il bassorilievo di Cristoforo Colombo, in piazza Castello 211 ( toccarne il mignolo porterebbe fortuna, alla pari del calpestare il toro sotto i portici di piazza San Carlo) e la fontana dei Dodici Mesi, al Valentino, che sorgerebbe nel punto dove si sarebbe schiantato il carro solare di Fetonte, il figlio di Apollo, sulle cui ceneri sarebbe stata fondata la città. E che dire dell’enigmatico e misterioso “quadrato magico” del Sator, composto da 25 lettere, nella forma classica a griglia di caselle a cinque per cinque, sullo stabile al civico 23 di via Gioberti? Messaggio positivo o negativo? Segno che punta sul bianco o sul nero? I più, nel dubbio, immaginano una prevalenza del bene sul male. Più evidente il ruolo dei “guardiani di porta”, che – dalle facciate di molti edifici – mostrano la lingua, proteggendoli dalle influenze negative. Comunque, un fatto è certo. Nella sulfurea Torino, dove si aggirava il solitario Domingo, maestro di trucchi e diastuzie, creato dalla penna di Giovanni Arpino, non mancano certo i misteri.

Marco Travaglini

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