LA STORIA DI CARLO, UN VOLONTARIO NON VEDENTE

carlo-scientRICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

In questi giorni di celebrazioni religiose e di buoni propositi, che sistematicamente vengono turbati da notizie allarmanti di ciò che accade nel mondo, passano inosservate storie nostrane di persone sconosciute ai più.

 

Carlo Piccato, 64 anni, cuneese, massofisioterapista in pensione, dal 2013 trasferitosi a Torino, è stato per molti anni anche insegnante elementare con una parentesi di tre anni in Africa dove ha lavorato per il Consolato Italiano.

 

In un viaggio lungo sei mesi in India e in Estremo Oriente è andato alla ricerca di risposte spirituali trovate poi in una religione più recente, Scientology, che pratica dal 1985 quando la retinite pigmentosa – una degenerazione irreversibile della retina – aveva già iniziato a limitare notevolmente la sua vista.

 

Carlo è cieco ormai da molti anni e la sua storia merita di essere raccontata perché ha a che fare con il potente e profondo desiderio di impegnarsi per gli altri nonostante tutto. 

 

“Vengo continuamente aiutato da persone che non conosco, che non vedo, ma sono intorno a me e voglio fare qualcosa per contraccambiare”.

 

Mentre si sposta in città anticipando i propri passi con il classico bastone bianco tra Porta Palazzo e le periferie di Torino, attraversando strade e mercati pieni di gente, usando i mezzi pubblici e incontrando persone di ogni nazionalità, regala un libretto che, in Italiano, si intitola La Via della Felicità.

 

“Anche se è stato scritto da L. Ron Hubbard, fondatore della religione di Scientology – spiega – questo libro non promuove nessuna religione. E’ una guida di semplici norme che possono migliorare la convivenza: per questo mi piace moltissimo divulgarlo, in particolare in una città come Torino dove la buona convivenza, secondo me, sta alla base di tutto.”

 

Carlo conosce il modo in cui ci si saluta in una trentina di lingue differenti, così, quando qualcuno gli offre il braccio se deve scendere dal tram o attraversare la strada, inizia una piccola conversazione: una volta capita la nazionalità estrae dal suo zaino la versione del libretto tradotto nella lingua dell’interlocutore e lo consegna in omaggio. 

 

Pur non vedendo assolutamente nulla ci riesce e il dettaglio della sua recente attività racconta lo spaccato di un multiculturale microcosmo torinese. Ecco il suo resoconto di fine 2016: oltre a centinaia di copie in Italiano ha dato La Via della Felicità in Cinese, Albanese, Russo, Bengali, Hindi, Rumeno e Filippino; in lingua araba a marocchini, egiziani, tunisini, libanesi, algerini, somali, sudanesi del Nord, siriani, curdi; in Inglese a nigeriani, ghanesi, gambiani, eritrei, etiopi, sudanesi del Sud ed un serbo; in Francese a senegalesi, maliani, ivoriani, congolesi, camerunesi, guineani, togolesi, malgasci, ruandesi e francesi; in Spagnolo a peruviani, ecuadoriani, cubani, dominicani, onduregni, venezuelani, uruguaiani; in Urdu ai pakistani; in Portoghese a brasiliani, portoghesi e bissau-guineani; in Farsi ad iraniani ed afghani e ancora, in Turco, Bulgaro, Macedone, Ciadiano e lingua Ucraina.

 

18 lingue, 52 nazionalità, oltre 400 persone non italiane. Non indifferente per una persona definita “disabile”.

 

“In Africa o in Oriente, quando qualcuno provava a salutarmi in Italiano, mi faceva sentire a mio agio. Allo stesso modo mi accorgo che chi riceve questo libretto nella propria lingua è contento e si sente ben accolto, indipendentemente dal fatto che abbia scelto o sia stato obbligato a vivere da noi. E’ un piccolo gesto di reciproca umanità capace di sorprenderci ancora. Voglio continuare a farlo perché sento che possiamo convivere e pian piano trovare l’armonia che tutti cerchiamo.”

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