La Sonnambula. La regia di Avogadro indaga la psicologia di Amina

Mauro Avogadro firma la regia dell’opera La Sonnambula di Vincenzo Bellini al teatro Regio di Torino, in scena da mercoledì 10 al 20 aprile prossimi. Ispirata ad una commedia dell’autore francese ottocentesco Scribe, su libretto di Felice Romani, andata in scena per la prima volta il 6 marzo 1831 al teatro Carcano di Milano, l’opera ha per protagonista Amina che, nella regia di Mauro Avogadro, viene presentata come una donna sofferente, dalla mente alterata, con disturbi relazionali, senza quella leggerezza tipica dei personaggi di Scribe.  Queste caratteristiche emergono evidenti già dalla prima aria operistica “Come per me sereno”, nella quale Amina invita la madre a toccarle il cuore per avvertire i suoi palpiti. Gli altri personaggi dell’opera sicuramente mostrano una maggiore leggerezzacome paesani che sono curiosi al limite del voyeurismo. Sono partecipi della festa, ma al tempo stesso anche pronti ad usare un forte ed acutsenso critico, unito ad una diffidenza al limite dell’invidia. Fa da sfondo al contrastato amore tra Amina ed Elvino una Svizzera da sogno, dove il sonnambulismo della protagonista è servito acompositore per esaltarne il virtuosismo vocaleL’opera culmina in una delle arie più sublimi per soprano, la nota “Ah non credeamirarti“, che Amina canta in uno stato di sonnambulismo alla presenza del conte. La Sonnambula di Bellini è  un’opera  che è  stata molto amata da famose soprano; la prima ad interpretarla fu Giuditta Pasta, in seguito Maria Malibran, poi la Divina, Maria Callas, e Joan Sutherland. Interpreti nel ruolo di Amina, orfanella raccolta da Teresa, la soprano Ekaterina Sadovnikova,  in quello di Elvino, ricco possidente del villaggioil tenore Antonino Siragusa ed in quello del conte Rodolfo il basso Nicola UlivieriOrchestra e Coro del Teatro RegioL’allestimento è in coproduzione con il Teatro La Fenice di Venezia.La musica della Sonnambula è caratterizzata  da una orchestrazione “leggera” e la sua forza espressiva è affidata soprattutto alle voci dei cantanti, con melodie di grande bellezza. La sua orchestrazione leggera apparve, tuttavia, povera a diversi critici, che erano, invece, affascinati dall’orchestrazione della musica del tempo, che aveva raggiunto il suo apice nella musica beethoveniana. In realtà Bellini scelse il suono più adatto ad esprimere il mondo pastorale in cui quest’opera era ambientata, rendendola l’espressione del belcanto” e decretando il suo successo indiscusso fino ai giorni nostri.

Mara Martellotta 

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