Il Mercato di Santa Rita

Uno dei più grandi di Torino – occupa circa cinque isolati! -, è situato nell’omonimo quartiere, nel tratto di corso Sebastopoli compreso tra corso Agnelli e corso Orbassano, ed il suo insediamento risale al secondo dopoguerra
Il mercato è ampio e spazioso, si sviluppa su una banchina centrale alberata, ove le bancarelle sono distribuite equamente e garantiscono prezzi davvero competitivi, tanto che a fine giornata è addirittura possibile acquistare per pochi centesimi la merce invenduta, cosa che attira molti clienti, anche ristoratori e negozianti.
Tra i numerosi esercizi commerciali che si affacciano sui controviali del mercato, merita una nota il locale “L Great Italian Food”, piccolo ma pulitissimo fast food: da provare gli arancini, gustosi e fritti in modo esemplare, e l’hamburger di Fassona piemontese; tutto preparato sul momento, condito dalla gentilezza dei titolari. Questo mercato deve il nome alla vicina Chiesa di Santa Rita da Cascia, sita nell’omonima piazza, importante esempio di architettura composita riferibile al neo-gotico francese. Il santuario venne fondato da monsignor Giovanni Baloire, che nel 1916 si rese conto della necessità di edificare una parrocchia in quella zona, caratterizzata dalla presenza di case operaie. Con l’appoggio di monsignor Pinardi, parroco di San Secondo (dove Baloire era viceparroco), e della Compagnia dei devoti di Santa Rita, il progetto fu approvato dal vescovo nel 1925; il Comune di Torino concesse il terreno, e monsignor Baloire affidò l’opera all’architetto Giulio Valotti, salesiano, che già aveva collaborato alla realizzazione di opere importanti, ad esempio la chiesa di Gesù Adolescente in Torino, l’ampliamento della Basilica di Maria Ausiliatrice e dell’Oratorio Valdocco di Torino.  La facciata principale è rivestita in pietra di Credaro e pietra di Zandobbio (entrambe originarie della zona di Bergamo) lavorate a bugnato – lavorazione muraria inventata in epoca romana, caratterizzata da blocchi di pietra sovrapposti a file sfalsate – e presenta un portale d’ingresso in marmo bianco, coronato da quattro pinnacoli. Il pittore Giovanni Crida realizzò il quadro (posto nell’abside nel 1940) raffigurante Santa Rita che stringe la corona di spine; invece, la corona di rose che le cinge la testa ricorda l’episodio miracoloso in cui la Santa fece sbocciare una rosa sotto la neve. 
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Proseguendo la passeggiata nel mercato verso corso Agnelli, vediamo sullo sfondo, proprio accanto allo Stadio Olimpico – ove era stata accesa la fiamma alle Olimpiadi del 2006 – , una grande area verde, ovvero il Parco dei Cavalieri di Vittorio Veneto. Interessante la sua storia: compresa tra i corsi Lepanto, Ferraris, Sebastopoli e IV Novembre, fu realizzata nei primi anni del ‘900 ed è la più nota delle piazze d’armi torinesi.  Dopo la dismissione della precedente Piazza d’Armi ottocentesca (tra gli attuali Corsi Castelfidardo, Ferraris, Einaudi, Montevecchio) alle FF.SS. e poi al Comune, venne scelta quest’area come ultima “Piazza d’Armi”. Grazie a una convenzione stipulata nel 1904, l’amministrazione militare (ergo, la Direzione del Genio militare di Torino) acquisiva una superficie di circa 30 ettari compresa tra gli odierni corso Unione Sovietica e Orbassano, in cui trasferire appunto la Piazza d’Armi e le principali caserme torinesi; in cambio, al Comune vennero cedute alcune aree demaniali di proprietà militare o gravate da vincoli militari nel centro storico. Utilizzata come area di addestramento ed esercitazione, nonchè come ospedale da campo durante la prima guerra mondiale, la Piazza d’Armi rimase in funzione sino al 1950-1951, a quando risalgono le prime trattative tra il Comune e l’autorità militare per la dismissione anche di quest’area, che si conclusero soltanto nel 1971. In base a tali accordi, parte dell’area sarebbe rimasta a disposizione dell’Esercito (che vi stabilì il Complesso Sportivo Saverio Porcelli: attualmente aperto da lunedì al venerdì, dalle 8,00 alle 21,00, comprende un maneggio coperto, trentotto box per cavalli, una pista di atletica, sei campi da tennis, un campo da calcio, il percorso di guerra), parte avrebbe accolto un eliporto e parte, infine, sarebbe stata destinata a verde pubblico. Quest’ultima, dal 1974, ospita il Parco Cavalieri di Vittorio Veneto.

Rugiada Gambaudo

(foto: il Torinese)

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