Il “Giorno della Memoria” per la Fondazione Bottari Lattes

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Allo Spazio Don Chisciotte di Torino una mostra di Mario Lattes sulla Shoah e la presentazione di un progetto degli studenti del Liceo “Gioberti”

E’ un doppio appuntamento, quello con cui la Fondazione Bottari Lattes – in occasione del “Giorno della Memoria”, celebrata il 27 gennaio di ogni anno – intende ricordare giovedì prossimo 24 gennaio, presso lo Spazio Don Chisciotte di Torino tutte le vittime dell’Olocausto. A partire dalle ore 17,30 nei locali di via della Rocca 37/b (tel. 011/ 1977.1755), si terrà infatti l’inaugurazione della mostra “Mario Lattes. Non dimenticare”, che propone opere inedite (appartenenti alla Fondazione, nata nel 2009 a Monforte d’Alba, e agli eredi dell’eclettico artista torinese di origine ebraica e fra le figure di maggior spicco nel mondo artistico e culturale del secondo dopoguerra), seguita dalla presentazione al pubblico della ricerca “Non dimenticare” realizzata da un gruppo di studenti del subalpino Liceo Classico “Gioberti” e mirata a verificare le conseguenze che le famigerate leggi razziali del 1938 ebbero su alunni e docenti della scuola di via Sant’Ottavio (fra i più antichi Licei d’Italia), con un approfondimento particolare sulla storia personale dello stesso Mario Lattes. Ma vediamo nel dettaglio i due eventi.

Mostra “Mario Lattes. Non dimenticare

Inaugurata il prossimo giovedì 24 gennaio, alle ore 17,30 e in programma fino a sabato 23 febbraio (dal mart. al sab., ore 10,30/12,30 e 15/19), la selezionata rassegna propone alcuni – una quindicina in tutto – fra i più significativi lavori di Mario Lattes ( editore, pittore, incisore e scrittore, ma anche acuto ideatore di prestigiose iniziative culturali, scomparso nel 2001 a Torino, dov’era nato nel 1923) dedicati alla cultura ebraica e alla tragedia inumana della Shoah, con immagini di potente, spesso drammatico, impatto visivo. Immagini come grovigli di segni e colori che raccontano inquietanti realtà confuse fra sogno e memoria, cristallizzate in cifre stilistiche a volte primordiali, mai ripetitive ma libere di affidarsi alle suggestioni di un incidere astratto così come alla vigorosa ridondanza di un visionario e fantastico espressionismo, tale da evocare – come s’è fatto – illustri discendenze da Gustave Moreau o da Odilon Redon fino al “pittore delle maschere”, il belga James Ensor. Ne sono chiara prova le opere esposte, che vanno da un intenso “Giro dei Serafin” del ’58 con quei rossi che scompigliano con forza inaspettata la trama narrativa e che ritroviamo, a quasi trent’anni di distanza, in quell’“Interno di Sinagoga”, olio su tela del 1987, anch’esso carico di inquiete atmosfere; per passare attraverso le pagine non meno turbanti di “Kaddish” e dei “Deportati”, entrambi del ’59, o della “Figura ebraica” a tempera su carta dell’’84. “Lattes – scriveva Marco Valloraè sempre là dove non te lo attendi, anche tecnicamente”. E l’incontro è sempre di quelli impegnativi. Che ti inducono a mettere in gioco la forza spossante delle emozioni.

Progetto “Non dimenticare. Le conseguenze delle leggi razziali del 1938 al Liceo Gioberti

E all’inaugurazione della mostra di Lattes, seguirà la presentazione della ricerca, raccolta nel volume “Non dimenticare. Le conseguenze delle leggi razziali del 1938 al Liceo Gioberti“, che ha coinvolto trentadue studenti di classi diverse del “Gioberti”, guidati da quattro insegnanti. Alla base del lavoro, incontri con esperti, storici, testimoni e professionisti, nonché l’attento studio dei documenti conservati nell’Archivio storico del Liceo, nell’ “Archivio Terracini” della Comunità ebraica e nell’Archivio di Stato; il tutto alla ricerca dei professori e degli studenti che a causa delle leggi razziali furono allontanati dalla scuola o subirono conseguenze anche gravi, con un approfondimento sulla vicenda personale di Mario Lattes. Tante le storie che affiorano da fotografie, registri di classe, pagelle, lettere, telegrammi e verbali. Come quelle dei due professori sospesi mentre sono in servizio: Marco Levi, che ricopre vari incarichi di responsabilità all’interno della scuola, e Giuseppe Morpurgo, punto di riferimento culturale fuori e dentro l’Istituto. La ricerca studia anche la vita e le famiglie degli studenti definiti di “razza ebraica” a cui è stato impedito di continuare il liceo: oltre a Mario Lattes,  Alda Beer, Germana Colombo, Vera Debenedetti, Giuliana Diena, Gastone Guastalla, Lucia e Gabriella Morpurgo,

Giorgio Ovazza, Guido e Sergio Treves. Tra gli altri studenti colpiti in modo più o meno drammatico dalle leggi razziali ci sono Franco Foà, che pur continuando a frequentare il liceo in quegli anni ha preferito assumere il cognome della madre, Bernardi, per non destare sospetti, e Bruno Finzi il cui nome sul registro appare accompagnato dalla scritta in rosso “di razza ebraica”. La ricerca è riuscita anche a individuare le ripercussioni drammatiche delle leggi su alcuni studenti che avevano frequentato il “Gioberti” molti anni prima, come Enrico Anau, studente di I Classico nel 1901-02 a cui nel 1938 viene impedito l’esercizio della professione di medico, o Ugo Segre, studente di I Classico nel 1909-10, morto con il figlio Tullio ad Auschwitz. Ci sono poi le tre docenti sospese mentre prestano servizio in altre scuole, colpite dalle leggi razziali, con differenti conseguenze, a volte drammatiche, che arriveranno al “Gioberti” dopo la guerra e vi rimarranno a lungo, fino alla pensione: Lia Corinaldi, Giuliana Fiorentino Tedeschi e Giorgina Levi Arian.

La pubblicazione è reperibile online all’indirizzo web:

www.liceogioberti.gov.it/wp-content/uploads/2018/05/Non-dimenticare.pdf

g.m.

Foto

– Mario Lattes: “Senza titolo”, 1970
– Mario Lattes: “Interno di Sinagoga”, 1987
– Mario Lattes: “Kaddish”, 1959
– Liceo Gioberti: Classe IV B con la professoressa Arian Levi, 1955
– Liceo Gioberti: Telegramma riferito al professor Giuseppe Morpurgo
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