Il caso dei minori in carico ai servizi sociali. Ognuno costa tremila euro al mese

LE INCHIESTE DEL “TORINESE”

bambini ragazzi gioco minori

Sono molti i motivi che spingono i Servizi Sociali a “prendersi cura” di un minore: un tema scritto in classe e segnalato dall’insegnante che faccia pensare ad un abbandono da parte del nucleo famigliare o, un furto in un negozio o il ritrovamento in un dato territorio di un minore straniero non accompagnato.Ci sono diversi modi per prendersene cura, tra gli altri, l’inserimento in una residenza protetta.

In Italia, le strutture che ospitano i minorenni vengono suddivise per tipologia e la gestione è affidata quasi sempre ad una Cooperativa da parte del Comune di residenza del soggetto da tutelare.

La retta media giornaliera in una Comunità nel territorio piemontese, è di 105 euro al giorno, questo significa che ogni minore costa al Comune più di 3000 euro al mese. In quasi tutte le Regioni italiane, la media si aggira alla cifra esposta. Sono molti i direttori delle strutture che lamentano di entrate troppo basse e spese molto alte ma, analizzando i costi di una qualsiasi struttura socio-assistenziale (e non socio-sanitaria o sanitaria come una casa di cura per anziani o Rsa) si nota come questi siano gli stessi di una “normale” gestione di un minore all’interno di una “normale” abitazione familiare.

Una comunità o una casa famiglia è un luogo entro il quale vive un gruppo di ragazzi, ad esempio 10, la cui gestione è affidata a un direttore, agli educatori che sono 1 ogni 4 minori ed a una persona che si occupa delle questioni domestiche e non di tipo educativo, l’Operatore socio-assistenziale.

Le spese sostenute da una cooperativa sono maggiormente per le risorse umane, quindi nel caso di cui sopra: un direttore, tre educatori ed un Oss, costano circa 12-13 mila euro al mese su 30.000 che mensilmente entrano nelle strutture. Le altre uscite economiche per:la spesa alimentare, la manutenzione della struttura,le utenze,un mezzo di trasporto e i rispetti costi (benzina, bollo, assicurazione) e, in molti casi, i regali per le festività; invece, gli incontri con lo psicologo, le visite mediche o l’abbonamento del bus per andare a scuola sono tutti costi che non vengono detratti dalla retta ma, si aggiungono a quelli sostenuti dagli Enti secondo il sistema della ripartizione delle funzioni come ad esempio gli oneri per le visite mediche che sono a carico delle Regione perché appartengono alle prestazioni sanitarie.

Dopo un’attenta disamina sulle voci di spesa, quelle che poi, in realtà, appartengono anche alle normali famiglie, si nota come il resto siano tutte entrate per le cooperative. Un’ex educatrice di una Comunità sita nel territorio di Torino spiega come la retta giornaliera sia una cifra esorbitante rispetto alle vere prestazioni ricevute dal minore inserito in struttura. La ragazza fino a qualche mese fa, ha lavorato in una Comunità rieducativa; di media il suo stipendio è stato di 1250 euro al mese . Sembrerebbe una cifra molto alta ma,in realtà,come racconta l’educatrice: ” Le notti sono considerate passive quindi, dalle 22 alle ore 6, si percepiscono solo 16 euro nette e, non si dorme quasi mai. Ogni mese si ha solo un week end libero e, ovviamente, si lavora in tutte le festività”. La spesa alimentare si fa nel discount e, se i ragazzi durante la settimana si comportano bene e c’è la possibilità di farli uscire insieme agli educatori turnanti, la merenda o l’entrata al cinema, viene sempre offerta da noi. La comunità dove ho lavorato non ci ha quasi mai lasciato i soldi per le uscite nei week end “.

Non tutte le strutture ovviamente sono in questo modo, infatti, prosegue l’educatrice: “Nella casa famiglia dove ho lavorato appena mi sono laureata, la cooperativa ogni settimana regalava ai ragazzi, che non erano in regime cautelare, ricariche del telefono, gite scolastiche,dvd e, se si usciva nei fine settimana, ci lasciavano i soldi da spendere interamente per i ragazzi”.

Accade,sovente, che i minori entrano nelle strutture da bambini ed escono da adolescenti, questo avviene o perché i genitori non hanno “modificato”lo stile di vita contestato dai Servizi Sociali oppure perché, c’è chi, con disonestà,veste i panni dell’assistenza e ne fa di questa un business a scapito di chi può avere diritto ad essere nuovamente inserito all’interno del proprio nucleo famigliare in tempi molto brevi rispetto a quelli dichiarati da chi, appunto, lo assiste.

 

Bianca Maria

 

Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE
Articolo Precedente

Le conifere, queste incomprese!

Articolo Successivo

VENARIA, APERTO IL NUOVO SPORTELLO PER L’ACCESSO AL MICROCREDITO

Recenti:

IL METEO E' OFFERTO DA

Auto Crocetta