I Castelli di Cannero, malinconici e solitari nel mezzo del Lago Maggiore

Appena più a nord di Cannero Riviera, risalendo il lago Maggiore dal golfo Borromeo verso il bacino svizzero del Verbano, affiorano dalle acque tre isolotti rocciosi.

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Su due di questi si ergono i resti della Rocca Vitaliana, fatta costruire tra il 1519 ed il 1521 da Ludovico Borromeo, che la chiamò così in onore dell’illustre avo,capostipite della potente e nobile  famiglia milanese. In origine , verso la fine del trecento, sul piccolo arcipelago  erano state costruite le prime fortificazioni che divennero il covo dei cinque fratelli  della famiglia Mazzardi, originari di Ronco, una frazione di Cannobio, ai quali cronaca e leggenda attribuirono i più feroci delitti. Le località dell’alto lago, a quel tempo, erano divise tra le opposte fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini e le difficili condizioni in cui versava il Ducato di Milano ,alla fine del XIV secolo,  non consentivano un efficace controllo sulle tirannie locali e sulle lotte tra le opposte fazioni che laceravano quel territorio di frontiera. Così Giovanolo, Simonello, Beltramo, Petrolo detto il Sinasso cannero1ed Antonio detto il Carmagnola, più comunemente noti come “Mazzarditi” acquistarono potere e fama con ogni mezzo,  pronti ad accumulare nuove ricchezze senza troppo pudore,  disposti a stringere alleanza con tutti coloro i quali potevano garantir loro una nuova e maggiore influenza sull’intera area dell’alto Lago Maggiore. Le loro vicende, sospese tra realtà e dicerie, narrano di una vita dissoluta, dedita al brigantaggio e al sopruso. Questi pirati lacustri, soprannominati i “fratelli della Malpaga” ( quella che, nei fatti, distribuivano a chi aveva la sventura di averci a che fare) costruirono sugli isolotti uno dei loro castelli e, dopo essersi impadroniti del borgo di Cannobio, iniziarono a depredare ogni villaggio e imbarcazione che incontravano, mettendo a ferro e fuoco tutto il litorale. La rocca, denominata anch’essa della Malpaga , costituiva il loro rifugio. Avvolto nella nebbia, inespugnabile, tetro e inquietante bastione di pietra affiorante dal lago, scoraggiava chiunque ad avvicinarsi. Per un lungo periodo i Mazzarditi fecero il brutto e il cattivo tempo ma dieci anni dopo, il duca Filippo Maria Visconti, in seguito alle frequenti e insistenti lamentele da parte degli abitanti del luogo, decise che era giunta l’ora di porre fine alle loro scorrerie. Inviò sulla sponda occidentale del Verbano il condottiero Giovanni Lonati con cinquecento uomini per sconfiggere i Mazzarditi. Il castello di Traffiume, in loro possesso, fu subito espugnato, così come il palazzo di città, a Cannobio; iniziò poi l’assedio del castello della Malpaga dell’isola. Nell’anno 1414, circondati da ogni parte e stremati dalla mancanzacannero2 di viveri, i cinque fratelli si arresero e le fortificazioni rase al suolo. Trent’anni più tardi le isole vennero cedute dal duca Filippo Maria Visconti al conte Vitaliano I figlio di Filippo I Borromeo e Franceschina Visconti, ed entrarono da quel momento a far parte dei possedimenti della famiglia Borromeo. Quasi un secolo dopo, il conte Ludovico, per difendersi dalle incursioni svizzere dopo la perdita del Canton Ticino da parte del Ducato di Milano, fece edificare una rocca fortificata sulle rovine delle isole. La morte del conte, nel 1527,coincise con il progressivo abbandono della rocca e con la sua inarrestabile decadenza anche se, recentemente, si stanno avviando i progetti di recupero delle antiche mura per farle diventare un’attrazione turistica del Lago Maggiore.E i Mazzarditi? La leggenda vuole che i cinque fratelli, dopo la sconfitta, fossero gettati nelle acque del lago con un sasso al collo e perissero così annegati. La storia, viceversa, narra che furono semplicemente messi al bando per una quindicina d’anni, trascorsi i quali furono riammessi nel borgo. La loro fama, tutt’altro che positiva, alimentò numerosi racconti, dal tesoro che gettarono nel lago pur di non consegnarlo ( di cui non si è mai trovata traccia) alle varie “apparizioni” nelle notti di nebbia o di tempesta.

Marco Travaglini

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