La guerra di Piero e Sergio, novelli Dioscuri a caccia del cinghiale Matteo

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IL GHINOTTO DELLA DOMENICA

Qualcuno ha sottolineato che il malumore di Fassino è dovuto a mancate promozioni ministeriali a cui ambirebbe, resta il fatto che si è registrata una frattura non di maniera tra i massimi esponenti del Pd che, con i sondaggi attorno al 40 % (e con lo sfacelo del centrodestra) si possono permettere anche questo

 

Dopo giorni di Passione, chi si aspettava un quieto rientro alla routine è stato deluso, perché questa è stata la settimana della “guerra di Piero”, ovvero del nostro sindaco cittadino e metropolitano che, aggregando come milite di complemento anche il governatore Chiamparino, è andato all’assalto nientedimeno che di Matteo Renzi. Ebbene sì: chi fu forse il primo sostenitore diessino di peso dell’allora sindaco di Firenze, oggi non si è fatto scrupolo di attaccarlo duramente, dopo che il governo aveva fatto uscire indiscrezioni che indicavano negli enti locali, nuovamente, i predestinati per i 10 miliardi di tagli del documento di economia e finanza (Def). “Dal 2010 ad oggi, tra taglio dei trasferimenti e patto di stabilità, i Comuni hanno già fatto sacrifici per 17 miliardi di euro. Mi pare che altri abbiano contribuito molto meno al risanamento dei conti pubblici”, è stata la secca risposta del Lungo al Matteo nazionale. Il quale, a sua volta, ha maliziosamente ricordato che i problemi di Fassino derivano dallo sforamento del patto di stabilità da parte della Provincia di Torino. Apriti cielo: si è innescato un batti e ribatti di accuse e contraccuse, in cui nessuno voleva restare con il cerino in mano.

 

Che le dichiarazioni bellicose di Fassino siano state un “atto dovuto” – come capo dei sindaci italiani non poteva non reagire a proposte così dure – o che, come qualcuno ha sottolineato, il suo malumore sia stato originato da mancate promozioni ministeriali a cui ambirebbe, resta il fatto che si è registrata una frattura non di maniera tra i massimi esponenti del Pd che, con i sondaggi attorno al 40 % (e con lo sfacelo del centrodestra) si possono permettere anche questo. Alla fine, dopo un lungo incontro dei vertici Anci a Palazzo Chigi, la pace almeno formale sembra ritrovata, anche se la sostanza è rinviata all’autunno quando dai massimi principi si passerà ai dettagli dei sacrifiici da imporre a enti e cittadini. Insomma, sembra che Renzi abbia detto a Piero e Sergio di stare sereni, ma visti i precedenti la cosa è tutt’altro che tranquillizzante. Anche perché, poche ore dopo che il premier aveva negato ogni aumento di tasse è spuntato un nuovo balzello di alcuni euro su tutti i biglietti aerei, che servirebbe a finanziare le città metropolitane.

 

Chi ha fatto un po’ il vaso di coccio è stato il buon Chiampa non tanto per suoi demeriti ma perché le Regioni, dopo la cura delegittimante a cui hanno lavorato in questi anni politici e media a livello nazionale, sono l’anello debole della catena e quindi più facilmente attaccabili. Saranno loro a pagare il conto al posto dei Comuni? “Credo che l’unico settore in cui si possa ancora intervenire sia quello delle partecipate. Ma senza prenderci in giro perché gli effetti non sono immediati”. Così ha, più prudentemente, reagito il Chiampa, non senza ricordare che nel 2014 le Regioni hanno già tagliato 5 miliardi e mezzo, anch’egli facendo riferimento alle mancate riduzioni delle spese statali.Insomma, si è un po’ assistito all’impresa dei Dioscuri, Castore-Piero e Polluce-Sergio – che i torinesi vedono ogni giorno raffigurati nelle statue davanti a Palazzo Reale – per la caccia al cinghiale Calidonio-Matteo, ma in questo momento Ghinotto non ricorda come si sia conclusa l’epica impresa.

 

Per concludere con una facezia, si è preso atto che entro pochi giorni sarà reso noto l’elenco degli immobili della Regione destinati alla vendita e quello delle proprietà da valorizzare. Tra i primi sicuramente l’edificio in piazza Castello, che attualmente ospita la Giunta regionale. Dalla vendita saranno esclusi “beni di rilievo storico, architettonico o paesaggistico, come, ad esempio il parco della Mandria”, ha seriosamente precisato il vicepresidente Reschigna… uno che non ha il senso dell’ironia. Forse perché non ha trovato un venditore alla Totò, in grado di piazzare oltre alla fontana di Trevi anche il parco del marchese Medici del Vascello.

 

Ghinotto

 

(Foto: www.cr.piemonte.it)

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