"Noi e la Giulia", un maxi spot per la causa No Tav con il contributo dei Beni Culturali

AMENDOLA NOTAV

 

L’attore recita con una maglietta dove si scorge chiaramente la sigla “No Tav”, con un disegno che raffigura il treno come uno squalo che divora tutto. Nei titoli di testa e di coda si ricorda che il film  è stato co-finanziato con il contributo del ministero per i Beni culturali. Forse l’argomento meriterebbe un chiarimento del ministro Franceschini

 

Proprio oggi, 24 febbraio, Matteo Renzi firma a Parigi, nel corso del vertice bilaterale, il protocollo addizionale all’accordo siglato dai due governi nel dicembre 2012, che è l’atto ufficiale per l’avvio della costruzione della Torino-Lione. Vittoria piena, dunque, per i favorevoli all’alta velocità ferroviaria che da quasi vent’anni combattono per quest’opera in grado di superare l’isolamento del Piemonte?

 

Beh, prima di dare fiato alle trombe bisognerebbe fare una valutazione complessiva della situazione socio-culturale e del complesso immaginario collettivo che si è creato attorno alla Tav. Nei giorni scorsi è uscito un film, “Noi e la Giulia”, in cui recita tra l’altro il bravissimo torinese Luca Argentero. Un personaggio, interpretato da Claudio Amendola, è un ex-sessantottino, nostalgico del comunismo e della rivoluzione, sempre pronto a battersi per la giustizia, insomma una figura “positiva”. Ebbene, per buoni dieci minuti Amendola recita con una maglietta dove si scorge chiaramente la sigla “No Tav”, con un disegno che raffigura il treno come uno squalo che divora tutto.

 

Una figura ben nota in Valle Susa e a Torino, che caratterizza i manifestanti contro la Torino-Lione. Per evidenziare la passione civile del personaggio non si poteva mettere una maglietta con il Che Guevara, oppure una scritta tipo “Hasta la victoria siempre”? No, è stato usato volutamente il simbolo dei No Tav, con una diretta pubblicità alla causa. Le aziende solitamente pagano i produttori per piazzare un auto, un vestito, un prodotto qualunque nei film, per questa pubblicità occulta e subliminale che gli spettatori si sorbiscono quasi inconsapevolmente. Ma i No Tav questo trattamento di favore l’hanno avuto gratis! Anzi, nei titoli di testa e di coda si ricorda che il film considerato di “interesse nazionale” è stato co-finanziato con il contributo del ministero per i Beni culturali. Forse l’argomento meriterebbe un chiarimento del ministro Franceschini, se qualche parlamentare un po’ attento (ad esempio il sen. Esposito?) volesse presentare una interrogazione.

 

Se a ciò si unisce che ancora recentemente la magistratura ha smentito la ricostruzione della procura circa le tendenze terroristiche del movimento, nelle sue espressioni più accese, si può concludere che la battaglia legale per la Tav è vinta e l’opera si costruirà (ma il percorso è ancora lungo e pieno di incognite), però la battaglia culturale è decisamente persa, e l’alta velocità, che in ogni paese è voluta dagli ambientalisti per abbattere il traffico su gomma e le emissioni, in Italia è diventato il simbolo del male assoluto, insieme al siciliano Muos (i radar Usa che servirebbero anche per combattere il Califfato), e il Dal Molin, la base vicentina degli alleati americani.

 

Ghinotto

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