Fiat, cosa è cambiato da Valletta a "Mirafiori lunapark"

mirafiori filmSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

Vittorio Valletta amava dire e ripetere “ciò che è bene per Fiat e bene per il Paesetosetto e Torino”. Tutto sommato non aveva tutti i torti, anche se questa identificazione non è sempre stata positiva per la nostra città. Sicuramente le sorti hanno inciso sui nostri destini. La notizia è nota. A Mirafiori ritornano gli operai dalla cassa integrazione  (se ho capito bene). Ed ecco che la propaganda si fa largo confondendo la notizia con la polemica. Il “sole e caldo” della campagna elettorale ha fatto il resto. Leggo una certa pretestuosità in tutte le posizioni per il semplice fatto che ognuna ha una parte di verità. Dalla cassa integrazione alla produzione vuol dire che non sono stati creati nuovi posti di lavoro, ma il ritorno della produzione può voler dire la creazione di nuovi posti di lavoro. Ciò che è accaduto a Mirafiori è indispensabile, sicuramente non sufficiente. Beppe Berta sociologo torinese, amico e consigliere di alcuni sindaci scrive oggi sul Sole 24 ore un articolo dal titolo:  Cultura e turismo a Torino. Il professore insegna a Milano ma si è formato alla Fondazione Agnelli. Torino è radicalmente cambiata, ma non basta. Ha retto la deindustrializzazione , continua ad avere milioni di metri cubi da riattare, ma anche qui se questi due mondi cominciassero a collaborare? Quando Vittorio Valletta era Presidente della Fiat il conflitto era motore di sviluppo, lo sciopero come affermazione dei diritti dei lavoratori. Ora no, l’unica possibilità è la collaborazione. Collaborazione tra la città e Fiat, la Fiat cultura e turismo, tra gli operatori del settore, tra i sindacati e le organizzazioni confindustriali, con un unico e grande obiettivo: Torino. Collaborare e non polemizzare. Pensiamo, crediamo, speriamo che siano solo i “fumi della campagna elettorale”. Ultima considerazione: mi rendo conto che è più facile dirlo che realizzarlo, ma non vedo altra strada da percorrere.

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Il 27  Agosto 2015 usciva nelle sale cinematografiche Mirafiori Lunapark . Nella scheda di presentazione,  genere : drammatico, Azzeccatissimo. Una certo successo di pubblico solo nella nostra città. Argomento ostico, “duro da masticare e digerire”. Tre operai in pensione che ritrovano un effimero domani nel progettare e realizzare un luna park dopo aver “occupato” lo stabilimento in disuso dove avevano lavorato. Alle prese con problemi di famiglia nel quartiere di Mirafiori dove hanno vissuto. Proprio così, di quelli vecchi in bianco e nero, di quelli vecchi che ti fanno stare male. Un film che ti fa ricordare e scrivendo dimostriamo quello che vorremmo essere,  un tragico epilogo di struggente tristezza,  un tempo che non può ritornare. Un piccolo ricordo. Dicembre del 1980 in una bocciofila di porta Palazzo “attaccato” al ponte sulla Dora che ora porta il nome di Domenico Carpanini. Serata tra amici dopo i 35 giorni alla Fiat ( 23000 incassa  integrazione), tra un bicchiere di vino e “come continuare a fare la rivoluzione”, si avvicina uno dei 23000, in pianta stabile dalle 8 del mattino: non so che cosa fare, vivo da solo, non ho moglie e figli, da quando non lavoro più non so che cosa fare. Arrogantemente giovane gli chiedo: non dovresti essere contento? ti pagano per non lavorare. Ho ancora nella memoria il luccicare dei suoi occhi: in fabbrica ero un qualcuno, delegato gli operai se avevano un problema venivano da me. Loro mi davano dignità, ora sono un signor nessuno. Ho capito e non ho replicato. Anni passati, anni che non ritornano più. In quel tempo il sindacato non capì. Si chiudeva un’epoca e se ne apriva un’altra. Un pesante errore di valutazione che ha segnato la sinistra in questi decenne. Una cosa rimane e deve rimanere: la dignità del lavoro e nel lavoro. Ci può essere dignità con il lavoro.

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