“Federico Patellani: professione reporter”

PATELLANI290 foto in bianco e nero, articolate in 5 sezioni, raccontano l’Italia del dopoguerra che rialza la testa e lo fanno alla maniera di Patellani; professione fotoreporter che, con infinita sensibilità (prima di tutto), mette a fuoco e testimonia la vita vera

 

“E’ difficile fondere in una sola fotografia i valori documento-bellezza. Sta qui la classe del fotografo”. Federico Patellani -primo fotogiornalista italiano ed uno dei più importanti del XX secolo- enunciava così la formula in grado di coniugare informazione ed immagini, riunendo in una solo figura due modi di raccontare la cronaca e il mondo. A lui -che di classe ne aveva da vendere- è dedicata la mostra torinese (da domani fino al 13 settembre) a Palazzo Madama- Corte Medievale, curata da Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi. Un allestimento che ha molti punti di forza: rientra nel programma “Neorealismo. Cinema, fotografia, letteratura, musica, teatro. Lo splendore del vero nell’Italia del dopoguerra 1945-1968” (progetto del Museo Nazionale del Cinema di Torino); è inserito nel calendario ufficiale di ExpoTo e nasce dalla collaborazione tra Palazzo Madama, Museo di Fotografia Contemporanea e Silvana Editoriale.

 

90 foto in bianco e nero, articolate in 5 sezioni, raccontano l’Italia del dopoguerra che rialza la testa e lo fanno alla maniera di Patellani; professione fotoreporter che, con infinita sensibilità (prima di tutto), mette a fuoco e testimonia la vita vera. Punta l’obiettivo su città e paesaggi martoriati dai bombardamenti, ricostruzione e ripresa economica, meridione e Sardegna. Ma fornisce anche la briosa cronaca del cinema italiano che si riprende; immortala scrittori, artisti, poeti e svela le grandi speranze che animano i primi concorsi di Miss Italia. Le immagini in mostra, per lo più scattate per i giornali, sono state selezionate dal ricchissimo corpus conservato oggi presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Milano-Cinisello Balsamo e rappresentano le tappe  principali della sua carriera: dalla fine della seconda guerra mondiale alla metà degli anni 60, quando si dedicò soprattutto alla fotografia di  viaggio.PATELLANI1

 

-Nato a Monza nel 1911 da un’antica famiglia milanese, dopo gli studi classici si laurea in legge; ma la vita lo condurrà poi su altri sentieri. Il coup de foudre che spariglia le carte dei progetti è nel 1935, quando (come ufficiale del genio) partecipa alle operazioni militari in Africa Orientale con la Leica al seguito e porta a casa il primo reportage: viene pubblicato dal quotidiano milanese “L’Ambrosiano” e da quel momento la fotografia sarà il suo mestiere. Dapprima una lunga collaborazione con “Il Tempo”, settimanale di Alberto Mondadori che si ispira allo stile della famosissima “Life”, riadattandolo all’italica realtà. E’ l’alba di un nuovo modo di fare giornalismo attraverso il  foto-testo, ovvero, ampi servizi fotografici commentati da lunghe didascalie. Nel 40 è in Jugoslavia a documentare le operazioni militari dell’esercito italiano, l’anno seguente è la volta della campagna di Russia, con lo pseudonimo di Pat Monterosso.

 

E’ nel 43 che realizza il famoso reportage sulla Milano bombardata ma, soprattutto, rivendica la legittimità del suo lavoro nel celebre articolo “Il giornalista nuova formula” (editoriale “Domus”), delineando contorni e sostanza di una figura inedita che si abbevera alla fonte del cinema documentario e di attualità, cattura immagini  “viventi, attuali, palpitanti”, sa cogliere il movimento e il sensazionale.Traccia la strada attraverso prestigiose collaborazioni con i maggiori periodici italiani (tra cui “Epoca” e “Oggi”) ed imbastisce una fitta rete di rapporti professionali con le più importanti testate straniere. Colto ed innamorato del suo lavoro, realizza importanti reportage, (come quello sui minatori di Carbonia), racconta la cronaca di un’Italia che vuole a tutti i costi dimenticare il passato e creare nuove opportunità.

 

E’ anche in prima fila a narrare il costume e a testimoniare la nascita dell’industria editoriale, confrontandosi con artisti, intellettuali e letterati della levatura di Thomas Mann, Carrà, Ungaretti, Vittorini, Soffici e de Pisis. Cresciuto alla scuola del cinema (nel 41 lavora con Mario Soldati al film  “Piccolo mondo  antico”) la sua traiettoria incrocia le carriere di Carlo Ponti, De Laurentiis e Lattuada (di cui sarà aiuto regista per “La lupa”) e con loro stabilisce preziosi sodalizi professionali. E’ così che ritrae anche i beniamini del cinema: da Totò alla Loren, da Ingrid Bergman alla Lollobrigida e ancora Silvana Mangano, Anna Magnani, Fellini e la Masina, Visconti e De Sica.

 

PATELLANI3Dimostra poi una notevole lungimiranza quando nel 52 fonda la “Pat photo pictures”; primo step di agenzia fotogiornalistica moderna, con free lance sparsi in tutto il mondo a scattare immagini da vendere alle testate giornalistiche italiane e straniere. Lui, con abilità ed impegno, progetta e realizza reportage fotografici e cinematografici nei cinque continenti, che faranno la storia del fotogiornalismo. Importante anche il segno lasciato con le esperienze televisive, i documentari (“Viaggio nei paesi di Ulisse” e “Viaggio in Magna Grecia”) e i reportage da Congo Belga e Kenya. Inarrestabile, lavorerà fino all’anno prima della sua morte, testimone del mondo fino all’ultimo con il servizio da Ceylon, nel 1976. Oggi, passeggiare tra le immagini della mostra, significa attingere emozioni dalla preziosa testimonianza visiva degli anni dell’Italia del riscatto e restare incantati dallo sguardo di questo fotoreporter più attuale che mai.

 

Laura Goria

 

 

 

 

 

 

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