Dal treno felliniano al tram di Torino scene di varia umanità

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STORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

 

Tutti educatamente composti. Solo una signora di mezza età “combatte a voce alta” con il proprio telefonino facendo sapere che sta organizzando una cena casalinga con un’amica. Un paio di volte mi volto e con lo sguardo cerco di farle capire d’abbassare il tono di voce. Sforzi vani

 

Più di vent’anni fa l’estro e genialità di Federico Fellini si cimentarono in una pubblicità. Le immagini erano talmente belle ed inebrianti che offuscavano il prodotto pubblicitario: la forma superava il contenuto. In un vagone d’altri tempi il viaggiatore osservava rapito il divenire del paesaggio. Immagini da una città all’altra. Il realismo diventava onirico sogno metafisico.Sicuramente non siamo all’altezza, e non possiamo ambire a tanta creatività. Nel nostro piccolo raccontiamo fugaci incontri anche in tram. Un po rapiti da ciò che vediamo fuori e dentro il 18. Saliamo all’inizio di via Genova. La fortuna ci aiuta e ci sediamo. Almeno per una volta strane puzze non ci accolgono. umidità e caldo rimangono fuori grazie ad una efficiente aria condizionata. Tutti educatamente composti. Solo una signora di mezza età “combatte a voce alta” con il proprio telefonino facendo sapere che sta organizzando una cena casalinga con un’amica.

 

Un paio di volte mi volto e con lo sguardo cerco di farle capire d’abbassare il tono di voce. Sforzi vani. Dopo 5 minuti ritorna il dignitoso silenzio: finita la telefonata. All’altezza delle Molinette salgono due rom. La più giovane con ginocchia e piedi fasciati. Le chiedo se si vuole sedere. “Sto meglio in piedi”. Nel mentre sono sono salite quattro donne, probabilmente di religione musulmana, ognuna con passeggino e prole. Civilissime occupano spazi e si limitano a parlare con voce altisonante nella loro lingua o dialetto. Via Madama Cristina “scorre”. Gente accaldata. Continuo sali e scendi. Noto pochi che obliterano: probabilmente molti abbonamenti? Non ho prove del mio scetticismo.Voglio cedere il posto ad una signora anziana. Sorride: “grazie, tra due fermate scendo”. ricordo i giovanili anni d’università intrattenevo il mio tempo leggendo e studiando nel tram 10. Sicuramente altri tempi. Sicuramente altre speranze. Sicuramente altre immagini. Sicuramente un’altra città.

 

Davanti si libera un posto occupato dalla più giovane gitana. Sorridendo mi racconta : “sono due mesi e mezzo che giro ospedali per una allergia o infezione. Solo quando mi metto ad urlare e li insulto i medici intervengono non venendone a capo”. Penso: e le condizioni igieniche del campo da cui arrivi? Insiste: “la prossima volta faccio un casino e qualcuno finisce male”. Penso: tu o la tua famiglia quante tasse avete pagato in Italia?. Cerco di rabbonirla rincuorandola sulla bontà del nostro sistema sanitario. Mi risponde: “dici cazzate”.Tocca a me scendere. La ragazza mi parlotta qualcosa per me non comprensibile. Scusa? Chiaramente: “Hai delle monetine per me?”. Stavo per mettere le mani in tasca. Desisto, cambio idea. Le sorrido scuotendo la testa. Scendendo penso: ecco un altro errore, a chi ha fame bisogna insegnare a pescare, non regalare. Ma mi sa che, almeno in questo caso, il treno è passato. E del treno felliniano solo il ricordo.

 

(Foto: il Torinese)

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