Il biologico per nutrire e tutelare il pianeta

STORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

“Il comparto bio è cresciuto molto ma deve affrontare un problema irrisolto, che è di tutto il settore agroalimentare: quello della distribuzione, un sistema costoso, che spreca molto, assorbe la maggior parte del valore di vendita dei prodotti e che, quindi, danneggia i due anelli deboli della catena, i produttori da una parte e i consumatori dall’altra”

 

garauGli telefono per fissare un appuntamento. Al telefonino mi risponde la moglie, Pina, anche lei amica di lunga data.”Aspetti? E’ nell’orto che raccoglie la verdura”. Scherziamo. Lui è biologico in tutto, gli piace conoscere l’origine del cibo. In momenti di crisi,l’ideale. L’appuntamento è fissato per il giorno dopo al centro commerciale Le Fornaci di Beinasco, pranzo a Bio Bottega. Sempre piacevole chiacchierare a pranzo, tutto strettamente biologico. Ignazio Garau, è sicuramente un pezzo della politica e della promozione del Biologico.

 

Come mai questa tua scelta?

“E’ maturata negli anni ’90, frutto di lunghe discussioni con un’amica, medico, e si è avvantaggiata delle mie precedenti esperienze lavorative. Ho, infatti, lavorato nella cooperazione agricola, poi in quella dei servizi (occupandomi in particolare della ristorazione collettiva) e in ultimo, con Coop, mi sono occupato della direzione dei Centri Commerciali. Il settore della ristorazione, in particolare, mi ha permesso di sperimentare che il biologico non solo è salutare, ma è anche più buono”.

 

Obbiettivi di ieri e di oggi?

“Il comparto bio è cresciuto molto ma deve affrontare un problema irrisolto, che è di tutto il settore agroalimentare: quello della distribuzione, un sistema costoso, che spreca molto, assorbe la maggior parte del valore di vendita dei prodotti e che, quindi, danneggia i due anelli deboli della catena, i produttori da una parte e i consumatori dall’altra. Il cibo sta crescendo nella consapevolezza, soprattutto delle città, che è un elemento strategico per costruire sostenibilità, oltre che benessere per le persone. Occorre sviluppare l’informazione e sensibilizzare i cittadini. Molto importante è la ristorazione scolastica, le mense per i ragazzi. Ad esempio, il comune di Roma, circa 15 anni fa, ha convertito al bio tutta la ristorazione scolastica, oltre 150.000 pasti al giorno. Anche a Torino, con i suoi 54.000 pasti giornalieri, sono state fatte esperienze importanti in proposito. Oggi, succede che parlando di km0 e di prodotti tipici si crei un po’ di confusione e che si faccia marcia indietro su esperienze che all’estero ci hanno invidiato per tanto tempo. Solo che all’estero i buoni esempi sono stati copiati e si sono consolidati e, quando confrontiamo le esperienze, rimangono stupiti della nostra incoerenza. L’Italia, il paese dell’agricoltura bio (siamo tra i primi produttori europei, solo che la maggior parte del prodotto viene esportato), un paese dalla grande tradizione alimentare, che, poi, non riesce a valorizzare le sue risorse. Anche sui modelli di ristorazione oggi rischiamo di dover imparare dalle città del nord Europa”.

 

Di cosa vai orgoglioso?

“Di aver partecipato alla fondazione dell’Associazione delle Città del Bio, di cui sono diventato direttore. Un progetto nato in Italia, che ha saputo cogliere l’interesse e la partecipazione di altre Città Europee. Anche in Grecia sta nascendo la rete delle Città del Bio. Ti racconto questo. Ad Atene avevano costruito un secondo aereoporto, che poi è stato abbandonato. Sai che cosa hanno fatto i greci? Orti urbani e, ovviamente, non si sono sognati di utilizzare sostanze chimiche per la coltivazione, hanno preferito il bio! A Larissa, città della Grecia centrale, il comune per venire incontro alle esigenze dei cittadini meno abbienti ha utilizzato 3 ha di terreno, lo ha suddiviso in lotti che ha assegnato sulla base di un bando pubblico, ponendo solo due condizioni: la prima fare agricoltura bio (mettendo a disposizione un agronomo per l’assistenza tecnica), la seconda destinare il 10% della produzione gratuitamente alle persone assistite dal comune. Anche in Germania è nata la rete delle Città del Bio, con 25 comuni che hanno aderito, coordinati dalla Città di Norimberga, dove si svolge la più importante Fiera mondiale del Bio, la Biofach.  La rete si sta sviluppando anche in Polonia e in Romania, dove ha aderito la Città di Bucarest e si sta sviluppando nella Regione di Brasov, dove abbiamo stabilito un rapporto di collaborazione anche con l’Università. Sono iniziati anche diversi contatti con Città dell’Albania e del Mediterraneo, che allargheranno ulteriormente i nostri orizzonti operativi”.

 

Altro?

“Sicuramente si! Sono anche Presidente di Italia Bio, un’organizzazione di produttori, che sta lavorando per sviluppare forme avanzate di collaborazione con i cittadini, i consumAttori, come amano dire in Francia. E sta nascendo un’associazione Euromediterranea di cittadini, che promuovono e scelgono il bio. Una iniziativa che vedrà collaborare Città del Bio, associazione di Enti Locali, Italia Bio, i produttori, e infine, non meno importante l’Associazione dei consumatori”.

 

Ultima domanda: Giudizio sull’ Expò di MIlano?

“Importantissima vetrina internazionale e occasione di confronto su temi cruciali per il pianeta: il cibo e l’agricoltura. Anche l’agricoltura biologica è presente, all’interno del Parco tematico sulla Biodiversità, l’unico dedicato all’agricoltura. Si cerca di rendere evidente che il biologico non è solo una categoria merceologica di prodotto, ma un sistema agricolo e alimentare innovativo che si candida, anche attraverso la biodiversità, a nutrire e nel contempo salvaguardare il Pianeta. Molto dipenderà dall’eredità che l’Expo saprà lasciare, dalla capacità di rendere in fatti concreti le varie dichiarazioni e carte che vengono proposte alla sottoscrizione. Un compito importante spetta anche alle Città.Oserei dire che questo mondo ha bisogno di noi”.

 

Ho mangiato molto bene. Ci si saluta ripromettendosi altri incontri di approfondimento.

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