Bacini e invasi contro la crisi idrica

In diverse aree alpine e appenniniche del Paese, Uncem registra con favore la riapertura di analisi e concertazioni attorno al tema dello stoccaggio idrico, con l’efficientamento di invasi esistenti e anche la proposta di realizzare nuovi bacini idrici per uso plurimo: accumulo di acqua potabile, uso agricolo, produzione idroelettrica, disponibilità per antincendio, oltre che grande valore paesaggistico e turistico. “Penso a Serra degli Ulivi, nel Monregalese, Cuneo, diventata un esempio per la capacità di unire tutte le forze in gioco, a partire da Enti locali, Consorzi irrigui, banche del territorio, associazioni agricole e degli industriali – spiega Marco Bussone, Presidente Uncem – e poi penso a molti esempi di avvio di pianificazione coordinata con le Regioni lungo l’Appennino o nelle Alpi, come nelle Valli di Lanzo. Per troppi anni non abbiamo fatto programmazione sull’uso e sull’accumulo delle risorse idriche. Ci sono stati scontri forti tra interessi, non sempre ben regolati, ci sono stati contrasti sociali verso progetti non ben fatti e concertati. Ora siamo a un punto di svolta. E non abbiamo molto tempo. Progettare e realizzare un invaso, piccolo o grande, costa e ha tempi lunghi. La burocrazia fa di tutto per stoppare ogni iniziativa. Vale per tutte le infrastrutture. Per un’opera, da zero alla messa in funzione, ci vogliono come minimo dieci anni. Ma tutti, pianificatori, ambientalisti e meteorologi come l’amico Luca Mercalli, insistono sulla necessità di efficientare le reti e gli impianti esistenti, di ridefinire culturalmente l’approccio di Enti e collettività verso il bene idrico, ma anche di pensare a forme di accumulo e a bacini in quota per regolare i rilasci idrici. Tema complesso, ma non più rinviabile. Non abbiamo molto tempo”.  Uncem insiste sulla necessità di strategie e risorse economiche. “Penso all’importanza del piano invasi nazionale che nei mesi scorsi ha finanziato dei positivi interventi – sottolinea Bussone – Enti locali montani, Regioni, Ambi, Consorzi irrigui, associazioni agricole, Unioni industriali e datoriali devono unirsi su questo fronte per chiedere nuove risorse, anche europee. Progetti certi, vicini e nati dai territori, poca burocrazia, celerità e certezza nella pianificazione. Regolare i rilasci idrici è fondamentale sia per le aree montane che da sempre accumulano e stoccano il bene, per le zone a vocazione agricola, ma soprattutto per le zone urbane dove di consuma il bene in particolare per scopi industriali. Serve un nuovo patto tra distretti, riconoscendo in pieno il ruolo della montagna, che porti a governare meglio dei processi connessi a cambiamenti climatici e nuova sensibilità delle comunità”.  

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