Art & Law, una panoramica oggi in Italia

La Normativa, sempre più stringente anche per motivi di contrasto alla criminalità e all’evasione fiscale, prevede che si debba dimostrare (anche sulla base fiscale dell’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente) la provenienza e il prezzo di “carico”, pena il rischio che l’Agenzia delle Entrate consideri il valore del bene artistico sic et simpliciter un reddito anno sottoponibile ad aliquota marginale

Premesso che il problema legale, penale, principale nell’Arte sono i falsi e, assai giustamente, l’Articolo 9 della Costituzione pone sotto specifica tutela costituzionale, oltre al paesaggio e al patrimonio storico, proprio quello artistico (onde contrastare di default le tre principali “aggressioni” al medesimo, cioè la contraffazione, l’alterazione e la copia), sono numerosi le previsioni di reato che attengono a questo settore, dalla truffa all’appropriazione indebita, dal furto al riciclaggio, all’autoriciclaggio. Non sono tuttavia questi, già inseriti nel Codice Penale degli Anni Trenta e poi novati fino ai giorni nostri, gli aspetti che più possono risultare d’interesse per il cittadino possessore in buona fede di opere d’Arte genuine. Al di là del fatto che i falsi delle opere d’Arte (uno di quei beni per i quali, si rammenta, “il possesso vale titolo”) rappresentano uno stock immenso nelle case degli Italiani (alcuni commentatori autorevoli si spingono a valutarli fra l’80% e il 90%), la necessità media del cittadino diligente che detenga un bene artistico acquisito in proprietà in modo lecito (compravendita, successione e donazione) è conoscere le caratteristiche legali, per lo più -ma non solo, come visto sopra- civilistiche, commerciali e fiscali che sottendono. Innanzitutto, la Normativa, sempre più stringente anche per motivi di contrasto alla criminalità e all’evasione fiscale, prevede che si debba dimostrare (anche sulla base fiscale dell’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente) la provenienza e il prezzo di “carico”, pena il rischio che l’Agenzia delle Entrate consideri il valore del bene artistico sic et simpliciter un reddito annuo sottoponibile ad aliquota marginale.

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Nella compravendita fanno fede i contratti fra privati ( che non sono obbligatoriamente da registrare e, pertanto, là ove non lo siano, la loro “forza” dovrebbe essere corroborata anche da altri apparati dimostrativi, come ad esempio l’immissione contestuale in una polizza assicurativa o un successivo inventario notarile), la fatture delle Gallerie e della Case d’asta, nelle successioni l’immissione nell’asse ereditario ( in molti casi, in passato, i beni Artistici sono stati inseriti nel forfait dei contenuti di un immobile ereditato), mentre la donazione ( al di là di quelle informali) va per Legge fatta per Atto pubblico. Non esiste attualmente in Italia, al di là dell’esercizio di attività d’impresa ( e allora la fattispecie è ovviamente commerciale) o di attività non occasionale ( nel qual caso si genererebbero “Redditi diversi”), previsione di carico fiscale su eventuali proventi prodotti dalla compravendita di opere d’Arte da parte di privati che, appunto occasionalmente, realizzino vendite di medesimi, acquisiti nei modi di cui sopra. Invero ci sono previsioni legislative che stanno “montando” da tempo e che presto, certamente, porteranno a tassazione anche i proventi che i privati ricavano da questa fattispecie economica. Merita un cenno il fatto che con il Redditometro e lo Spesometro anche il privato che abbia acquistato beni artistici di valore non congruo alla propria situazione reddituale possa essere chiamato a dimostrare come si sia procurato in modo tracciabile il danaro necessario ( ad esempio vendendo immobili o titoli).

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Ci sono poi da conoscere due aspetti normativi non irrilevanti e, cioè, il fatto che non si possono esportare beni artistici di oltre 70 anni ( 50 fino allo scorso anno), senza aver notificato il Diritto di prelazione allo Stato italiano e che, per ogni vendita effettuata attraverso operatori professionali, la Normativa UE del Diritto di seguito prevede una percentuale da pagare ai titolari dei diritti su un’opera d’arte ( ad esempio i familiari dell’artista tutelato dalla Siae), che, per ogni vendita anche se effettuata nello stesso anno, è del 4% fino a 50.000 Euro, a scalare fino a un massimo di 12.500 Euro; in merito va precisato che l’acquirente di un’opera d’Arte diviene proprietario solo del supporto della medesima ( tela, telaio, colori), ma che il diritto derivante dalla “concezione” ( come, ad esempio, lo sfruttamento dell’immagine di un’opera) resta in capo all’artista-creatore e ai suoi eredi ( che, tra l’altro, sono i principali titolati all’autenticazione delle sue opere post mortem).Un’ultima considerazione alla fatturazione da parte degli operatori professionali che prestano attività di intermediazione ( ad esempio case d’asta), sulle cui commissioni grava l’Iva, così come sulla consulenza.

Paolo Turati

 

 

 

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