"Ora e sempre Resistenza". Il 25 aprile tra storia e mito

partigia varalloSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

Mi ronzano in testa alcune possibili critiche: stai mitizzando. Mi fate un complimento: sì, mitizzo la Resistenza perché la Resistenza è Mito, ha superato gli spazi della Storia per diventare appunto Mito e dunque pietra miliare del nostro quotidiano vivere

Torino è disseminata di lapidi che ricordano glitosetto eccidi nazifascisti. Operai, impiegati, artigiani, casalinghe, partigiani, donne uomini morti per la libertà. In questi giorni volontari dell’ Anpi mettono fiori, piccole manifestazioni di ricordo.

Dal Martinetto, dove nel poligono di tiro vennero fucilati tutti i componenti del C L N, passando in Barriera di Milano, Lingotto, San .Paolo,  San Donato, corso Regina, nel Centro di città fino a Via Asti, dove nella caserma Lamarmora venivano torturati i patrioti.

Patrioti contro fascisti, forse l’umano dolore può accomunare i morti, ma il giudizio morale, politico, storico no. Alcuni partigiani sono ancora vivi. Presenti a tutte le commemorazioni continuano nel ripetere: i nostri compagni, le nostre compagne sono morti affinché possiate dire ciò che state dicendo.

Il 24 aprile cominciò la battaglia per liberare Torino, dopo 4 giorni l’esercito tedesco dovette/poté scappare, dopo quasi due anni di dura occupazione. Molto attivi i gappisti (partigiani di città), decisivi, con la classe operaia che difese gli impianti industriali.

La “prima generazione” fu uccisa. Ma si salvò il loro capo Giovanni Pesce che si trasferì a Milano, continuando la sua azione militare. Pietro Calamandrei ci fece capire, toccare “con mano” l’essenza Etica della Resistenza nella sua “Ode a Kesselring”, con la lapidaria e definitiva ORA E SEMPRE RESISTENZA.

valgrande partigianiMi ronzano in testa alcune possibili critiche: stai mitizzando. Mi fate un complimento: sì, mitizzo la Resistenza perché la Resistenza è Mito, ha superato gli spazi della Storia per diventare appunto Mito e dunque pietra miliare del nostro quotidiano vivere. E queste lapidi ricordano ad uno come me allora non ancora nato, la testimonianza di ciò che ci è entrato dentro le carni.

Ma anche io ho un ricordo diretto. 1975, da Piazza Adriano per Via di Nanni il corteo prima della fiaccolata per ricordare il martirio del gappista Dante. Si distendono gli striscioni, rispetto alla propria appartenenza politica. Parlare e formare capannelli è   “nella forza delle cose”.

Una dolce ragazza incinta, boliviana, esule ci racconta perché  ha dovuto scappare da casa: sono comunista ed il mio compagno, padre del figlio che nascerà, è clandestino ricercato dai fascisti.Il nostro silenzio viene interrotto da una mia domanda: ho capito bene? Lascerai il figlio in Italia per rientrare clandestina nel tuo paese?

Si hai capito bene. Doloroso ma necessario. Guardando prosegui: ti chiedi perché sono rimasta incinta? I fascisti ci hanno tolto la libertà, noi dobbiamo cercare di vivere una “certa normalità” sapendo che faccio il tutto anche per mio figlio. Mi sentivo piccolo – piccolo, ma ho capito che quella ragazza lottava anche per la mia libertà.

Come queste lapidi che mi ricordano che “qualcuno” è morto per la mia libertà.

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